Pagina on-Line dal 07/04/2012


Tavola simbolica, dal controfrontespizio di Les Sept Nuances de l’oeuvre Hermetique.

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Seconda parte

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Traduzione e note di Massimo Marra © – tutti i diritti riservati – riproduzione vietata con qualsiasi mezzo e con qualsiasi fine.

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PICCOLA PREFAZIONE PER L’OBOLO DEL POVERO.


Nel quaderno precedente ho detto che ho letto cento opere sulla Filosofia Ermetica; bisogna credere che non tutte siano state infinitamente lunghe, e che sovente non ho fatto che sfogliarle; eccone due prove.
La prima, la brevità del libretto che segue; la seconda nessun ricordo doverlo in passato mai letto; il che non implica che esso non sia conosciuto né che mai sia stato stampato.
Che questa piccola opera sia o meno stata stampata, io ne faccio offerta all’autore che non conosco in alcun modo, e sono e sarà sempre pronto a rimettergli il tributo effettivo e, in mancanza a darne scrupolosamente la ricetta ai poveri.
Che l’appassionato riconosca in tutto ciò quanto io ritenga importante questo librettino, che, ciò nonostante, sembrerebbe discordante con ciò che ho detto in precedenza nel mio quaderno. Ma no, nulla è discordante, ed io lascio solo a colui che comincerà a leggere, la soddisfazione di intendere la giusta analogia del Cammino Chimico Regale sulla grande Strada Alchemica.
Essendo questo piccolo quaderno a profitto del povero (19), siate del novero dei donatori; o, se non lo potete e siete piuttosto voi stessi nell’indigenza a causa della ricerca di quest’Arte, venite con fiducia, la cassa sarà immediatamente vuotata per voi.
Dove meglio dispensare qualche obolo, in assenza dei Saggi, che vanno assistendo i poveri e rendendo la sanità ai malati?
ETTEILLA

Si impegnano i Signori librai ad essere intermediari tra i donatori e le nostre rispettabili vittime della ricerca delle Alte Scienze. Essi possono farlo, tanto più che questa piccola opera gli sarà distribuita gratuitamente; così potranno chiamarla l’obolo del Povero; e se non conoscessero i nostri poveri, essi potranno donare a tutti i veri poveri che giudicheranno degni il prezzo che ne ricaveranno. E così sia fino all’esaurimento di questo libro.


L. D. D. P.
O PERFEZIONE DEI METALLI.


Questa questione non è agevole da decidere, vista la diversità di opinioni di tanti secoli, di modo che la maggior parte degli uomini non vogliono credere alla verità pubblicata dai Filosofi. La principale ragione è che di cento, a malapena se ne trova uno che non si trovi ridotto alla povertà per colpa di questo lavoro. Perciò non si possono biasimare gli increduli laddove non vi è apparenza di verità (20).
Nondimeno l’esperienza ne prova la possibilità, per mezzo dellìarte e della natura, benché gli esempi ne siano assai rari; ma quale assurdità sarebbe negare il Cielo e lìInferno per il solo fatto di non averli mai visti? Ci si dirà: a tali cose bisogna credere perché i Profeti e gli Apostoli ce le hanno rivelate; e non è forse lo stesso per la tradizione dei Filosofi?
Rispondo a ciò che non tutti i Filosofi furono pagani, e che molti Cristiani hanno scritto intorno a quest’Arte, a parte il fatto che tra i pagani ve ne erano molti che erano gente dabbene, che, se gli fosse stato annunciato, avrebbero creduto al Vangelo, e che non sono biasimevoli come noi, che, facendo professione di Cristianesimo a parole, lo neghiamo poi con le opere. Perché questi avrebbero dovuto abusarci per mezzo di menzogne e sciocchezze dalle quali non avrebbero potuto sperare alcun profitto, visto che per la maggior parte costoro erano potentissimi principi?
Tra i Cristiani ve ne erano molti che hanno assicurato la realtà di quest’Arte assai religiosamente, e che sono stati gran prelati, come S. Tommaso d’Aquino, Alberto Magno. Lullo, Arnaldo, Ruggiero Bacone. Basilio etc.. Come è possibile che uomini pii abbiano voluto abusare della posterità gettandola nell’errore? Quand’anche gli scritti di questi illustri personaggi non fossero venuti alla luce, vi sarebbero testimonianze viventi a conferma di questa verità, e non dubito che vi siano persone che possiedono la conoscenza di quest’arte senza renderla pubblica; infatti, chi sarebbe l’insensato che si vorrebbe rivelare al mondo, per non ottenerne altra ricompensa che invidia?
Qualcuno mi domanderà forse perché io prendo il partito di quest’Arte con tanto calore, come se avessi visto o fatto qualcosa. È vero che io non sono mai pervenuto alla proiezione e che non ho mai visto delle trasmutazioni; tuttavia sono certo della verità, dal momento che per mezzo del fuoco ho sovente estratto dell’oro e dell’argento da metalli che non lasciavano oro né argento in coppella. Non è, con ciò, che io voglia intendere che un metallo perfezioni l’altro, o lo cambi in oro o argento; ecco ciò che credo.
Siccome nel regno vegetale l’acqua mondifica l’acqua o succo per mezzo della cottura con acqua comune e bianco d’uovo, il che avviene nella purificazione del miele e dello zucchero o in quella di altro succo vegetale, bisogna avere la medesima opinione in merito ai succhi minerali o dei metalli, dai quali, se conoscessimo l’acqua ed il bianco d’uovo adatti ed adeguati a purgarli, potremmo senza dubbio togliere le impurità e ridurre di potenza in atto l’oro ed argento nascosto in essi come in un nero baccello; il che non costituirebbe una trasmutazione di metalli, ma solo un’estrazione d’oro ed argento dalle impurità.
Si domanderà in qual modo l’oro ed argento si possano estrarre da rame, fero, stagno e piombo per mezzo di questo lavacro, visto che alla prova della coppella non se ne trova affatto.
Abbiamo già risposto sopra che la prova della coppella non è sufficiente per tutti i tipi di metalli; perciò io rinvio il lettore al libro di Paracelso sulla vessazione degli alchimisti, dove troverà un altro lavacro e purificazione dei metalli il quale non era conosciuto dagli antichi minatori. Esempio: il minatore, trovando un minerale di rame, si serve del metodo che egli eredita dagli antichi, e, seguendo questo, lo purifica e lo riduce in metallo; dapprima lo spezza in pezzetti e lo brucia per toglierne le scorie superflue; poi, con la forza della fusione, lo riduce in una pietra che pone nuovamente al fuoco, e per addizione di piombo lo libera del suo oro e del suo argento; fatto ciò lo annerisce e poi infine lo arrossa e riduce in rame, e col suo ultimo lavoro lo rende malleabile ed pronto al commercio. Di seguito a ciò il Chimico tenta un’ulteriore separazione per mezzo della quale egli ne estrae oro ed argento; qualcosa che solo pochi sanno mettere in pratica.
Lo stesso Paracelso dice nel medesimo luogo che Dio ha donato a certe persone una via più facile e pronta per separare l’oro e l’argento dai metalli imperfetti senza la lavorazione dei minerali, per mezzo dell’Arte, processo che mai si insegna apertamente; egli tuttavia assicura di averlo a sufficienza illustrato nelle sette regole del libro nel quale tratta della natura e proprietà dei metalli, e che lì lo si può trovare.
Questa purificazione dei metalli imperfetti mi sembra la più agevole; l’ho provata sovente con piccole quantità, e non dubito che Dio abbia ancora mostrato altre vie ad altri artisti. Come ad esempio se qualcuno purgasse qualche frutto della terra dalle sue fecce attraverso la distillazione, di modo che, avendolo spogliato delle sue impurità, esso apparisse alla luce in un corpo nuovo e trasparente; oppure se qualcuno distillasse per storta l’ambra nera ed impura e ne facesse, per mezzo del fuoco, una separazione dall’acqua, dall’olio, dall’empireuma [7] dei Saggi, dal sale volatile e dalla testa di morto che resta sul fondo della storta; e per questa via ed in poco tempo, senza molta spesa, l’ambra sarebbe notabilmente alterata e corretta, benché l’olio ne rimarrebbe impuro e fetido; se tale sostanza si distillasse daccapo con qualche acqua mondificante, come lo spirito di sale, in una storta di vetro nuova e ben pulita, l’olio ne sortirebbe molto più chiaro, e le fecce rimarrebbero al fondo della storta con la puzza; e si potrebbe rettificare daccapo due o tre volte con del nuovo spirito di sale, fintanto che pervenga alla chiarezza dell’acqua ed ad un odore gradevole pari a quello del muschio e dell’ambra.
Questa trasformazione fa di una cosa dura una molle, liquida ed oleaginosa, la quale tuttavia può daccapo essere coagulata e riprendere la sua forma originale nel modo seguente.
Si prende dell’olio suddetto perfettamente purificato, vi si aggiunge del nuovo spirito di sale, lo si mette in digestione, ed esso attirerà sale sufficiente per la sua coagulazione e per acquisire la durezza di un’ambra dal colore eccellente e diafano, di cui una mezza oncia sarà più preziosa di intere libbre di ambra nera; di questa, nella purificazione, una volta tolte le impurità superflue, a malapena sarà rimasta l’ottava o decima parte.
È così che bisogna procedere alla purificazione e correzione dei metalli, posto che si abbia la conoscenza della maniera di purificarli per distillazione, sublimazione e ricoagulazione. Ma, si dirà, i metalli non possono essere purificati per distillazione come i vegetali.
Non voglio opporre a ciò altro che il nostro primo fornello, che non è stato inventato per i rustici, ma piuttosto per i Chimici che lavorano alla purificazione dei metalli. E siccome il mezzo di perfezionarli è stato provato da due esempi, così mostreremo che essi si possono anche perfezionare per fermentazione, proprio come il fermento nuovo può fermentare i succhi vegetali che sono purgati delle loro fecce, come si vede nel vino, nella birra ed in altri liquori il cui perfezionamento non si compie che per la fermentazione, senza la quale essi non potrebbero durare a lungo, come in effetti fanno per tutto il corso di alcuni anni.
Del pari, se non avessimo le fermentazioni proprie ai metalli, certo potremmo purgarli e perfezionarli in modo che non sarebbero più soggetti a ruggine, divenendo resistenti al fuoco ed all’acqua, in cui anzi verrebbero nutriti ed allevati. Così il mondo che un tempo periva per colpa dell’acqua, deve perire per il fuoco, e bisogna che i nostri corpi si putrefacciano e siano rischiarati dal fuoco prima di giungere innanzi a Dio.
Così è per la fermentazione dei metalli, i quali sono purificati e corretti alla maniera del latte esposto al calore, la cui parte migliore, che è la crema da cui si fa il burro, è separata in alto dalla sierosità del formaggio; e più il luogo è caldo, più la separazione veloce.
Lo stesso avviene per i metalli, i quali, messi in un luogo con l’appropriato calore (suppongo che essi siano stati previamente ridotti in sostanza di latte) sono separati da se stessi senza addizione di alcuna cosa estranea, e per successione di tempi; le parti più nobili si separano da quelle meno nobili, rivelando un gran tesoro. E come in inverno, in mancanza di calore, il latte non si separa che con difficoltà, lo stesso avviene ai metalli se non sono aiutati dal fuoco.
Ciò si vede nel ferro, il quale alla lunga si converte in oro sotto terra senza l’assistenza dell’Arte; infatti si trovano spesso delle miniere di ferro piene di piccole vene d’oro gradevolissimo alla vista, le quali sono state separate da uno zolfo grossolano, terrestre ed immaturo, dalla forza del calore centrale; in queste miniere, ordinariamente, non si trova affatto alcun vetriolo che sia separato dal suo contrario e perfezionato.
C’è bisogno di un tempo assai lungo per compiere questa separazione sotterranea; essa può essere fatta dall’Arte in poco tempo, così come facciamo il burro in inverno esponendo il latte al calore per separarne più prontamente la crema: il che noi otteniamo attraverso la precipitazione eseguita con acidi mortificanti il sale urinoso del latte, e, per questo mezzo, tutti i principi sono separati, ciascuno dalla sua parte, ossia il burro, il formaggio e la sierosità. Così, in poche ore, si può fare la separazione, la quale diversamente, senza gli acidi, non ci compirebbe che nello spazio di diverse settimane.
Se ciò è possibile nei vegetali e negli animali, perché mai non lo sarebbe nei minerali? Perché nel ferro, nel piombo, nel rame, nello stagno, non si troverebbe dell’oro e dell’argento, benché non visibili? Perché si vuol togliere ogni sorta di bontà ai metalli imperfetti, dal momento che la si accorda ai vegetali ed agli animali che non li eguagliano in durata?
La natura cerca sempre la perfezione delle sue opere; ora, essendo i metalli bassi imperfetti, perché l’Arte non dovrebbe aiutare la Natura per perfezionarli? Bisogna tuttavia rimarcare particolarmente il legame delle parti metalliche, rompendo il quale le parti sono separate.
Il sale urinoso è il legame delle parti che compongono il latte, il quale, per la separazione, deve essere mortificato dall’acido che è il suo contrario. Ora, le parti del ferro sono legate dal sale vetriolato, il quale, per la separazione, deve essere mortificato dal suo contrario che è il sale urinoso o nitroso. Colui che saprà dunque togliere il sale superfluo dal ferro, per via umida o secca, avrà senza dubbio un ferro che non sarà facilmente soggetto alla ruggine.
Anche il fuoco ha una potenza incredibile nella trasmutazione dei metalli. L’acciaio non produce forse ferro per mezzo del fuoco, e, con un differente processo, il ferro acciaio? L’esperienza giornaliera ci insegna le diverse trasmutazioni e correzioni per mezzo del fuoco. Perché mai il chimico sperimentato non potrebbe fare altrettanto?
Chi avrebbe mai creduto che vi fosse un uccello vivente nascosto in un uovo? E che nel seme, un’erba che dovrà avere foglie, fiori, profumo? Perché dunque i metalli embrionali che non hanno ancora attinto alla loro perfezione, non potrebbero raggiungerla per mezzo dell’Arte?
Una mela verde e non ancora matura, non si matura forse per mezzo del calore del sole? È avendo preso nota di ciò che degli Spiriti curiosi hanno imitato la natura e trovato che certi metalli che non erano ancora distrutti dalla violenza del fuoco, erano divenuti più ricchi e preziosi per mezzo di un calore dolce, di modo che, fusi dopo digestione, hanno dato peso doppio di argento ed oro.
Io stesso ho visto un minerale di piombo comune messo in digestione nel modo suddetto, il quale non solo ne divenne più ricco in argento, ma si trovò inoltre contenente dell’oro, quando in precedenza non se ne era affatto trovato nell’ordinario esame. E questo lavoro può essere riprodotto su grandi quantità, il che apporterebbe indubitabilmente molto profitto a coloro che posseggono delle miniere di piombo. Ora, non tutte le miniere di piombo divengono ricche d’oro con questo mezzo; ma l’esperienza ci fa vedere che esse sono sempre ricche d’argento.
Vi sono mille altri segreti che sembrano incredibili agli ignoranti. Se noi fossimo più curiosi nello sfogliare il Libro della Natura che Dio stesso ha scritto di sua propria mano nelle pagine regolate dagli Astri e nelle qualità dei quattro elementi, scopriremmo molte altre meraviglie; ma le arti e le ricchezze non si acquisiscono con l’ozio, ma al contrario col lavoro e l’industriosità.
I metalli si perfezionano per mezzo della gradazione simile al germoglio, poiché è evidente che un innesto da un buon albero messo su un soggetto selvatico, porta in seguito a dei frutti non selvatici ma piuttosto eccellenti, appropriati alla specie dell’albero da cui l’innesto è stato preso; lo stesso si vede nel ferro che è stato disciolto in uno spirito acido, fermentato da Venere e trasmutato in rame; per questa via il rame può poi essere trasmuto in argento e l’argento in oro, se si conosce bene la maniera di adattare la fermentazione; la quale agisce per la medesima ragione del calore naturale che cambia nello stomaco il nutrimento per mezzo della digestione, nell’essere di un uomo, di un cavallo o di ogni altro animale, producendo per ciascuno, da ciò che hanno mangiato, della carne.
Le parti migliori possono anche essere separate dalle vili per mezzo della virtù attrattiva dei simili, come si vede in un metallo abbondante in zolfo in cui, se si aggiunge in fusione del ferro, lo zolfo abbandona il minerale reso per tal via più puro e si associa col ferro, col quale ha più grande affinità e familiarità che col suo proprio originale metallo.
Ad esempio, se si aggiunge del ferro nella fusione di un minerale di piombo abbondante in zolfo, il minerale fuso è reso malleabile, mentre invece sarebbe uscito dal minerale nero e friabile. Se avessimo conoscenza di qualche altra cosa per aiutare la fusione dei minerali malleabili e per eliminarne lo zolfo superfluo, immaturo e combustibile, senza dubbio li si renderebbero ancor più puri. In mancanza di una tale conoscenza, i metalli rimangono nella loro impurità naturale. E certo Dio ha fatto bene a nascondercela, così come bene ha sempre fatto in tutte le sue opere, perché se gli avari conoscessero un tal segreto comprerebbero tutto il piombo, stagno, rame e ferro per separarne l’oro e l’argento, in modo che la povera, rustica gente, troverebbero a malapena gli strumenti metallici che gli sono necessari; così Dio non ha voluto che tutti i metalli fossero cambiati in oro.
Dopo aver dato l’esempio di come togliere lo zolfo superfluo da certi metalli nella fusione per conservarne le parti più pure, diamo un altro modo di separare le parti pure dalle impure attraverso la forza attrattiva dei simili; le parti impure ed eterogenee sono infatti rigettate così rigettate, cosa che può essere dimostrata tanto per via umida quanto per via secca.
Esempio della via umida:
Se si aggiunge del mercurio vivo all’oro o a dell’argento impuro diffuso nel suo proprio mestruo, questo mercurio attira a sé l’oro o l’argento invisibile mescolato nell’impurità, e associa a sé quello che è più puro. Questa separazione si compie assai prontamente.
Il mercurio fa lo stesso nella via secca, quando una terra contenente dell’oro o dell’argento è umettata da un’acqua acida, ed insieme ad essa è bruciata fino a che il mercurio abbia attirato a sé le parti migliori.
Fatto ciò, bisogna lavare con dell’acqua comune la terra morta che resta, e, dopo aver seccato il mercurio, separarlo dall’oro e dall’argento che aveva attirato, filtrandolo attraverso una pelle. Ora, il mercurio non attira altra terra che un metallo, il migliore, il quale, essendo ben separato, ne attira dell’altro in un secondo tempo. Ad esempio:
Se si avesse in una terra dell’oro, dell’argento, del rame e del ferro nascosti, il mercurio attirerebbe l’oro la prima volta, l’argento la seconda, e difficilmente il rame e il ferro, a causa della loro impurità: lo stagno e il piombo lo sarebbero facilmente, ma l’oro ancor più di tutti gli altri, poiché l’oro, per la sua purezza, è assai simile al mercurio.

Altra dimostrazione per via secca.

Bisogna mettere una coppella sotto la tegola con del piombo, al quale si aggiunge un grano di oro purissimo esattamente pesato; bisogna far fulminare l’oro nella coppella, nella quale entrerà poi il piombo, lasciando l’oro pallido nella coppella; la causa di questo pallore non è altro che la mescolanza dell’argento attirato dal piombo attraverso l’oro.
Ma, si dirà, si sa bene che l’oro fulminato col piombo è resto più pallido e pesante a causa dell’argento che era nel piombo e che è rilasciato nell’oro nell’examen, aumentando il suo peso e facendolo impallidire.
Rispondo a ciò che ancorché il piombo lasci un po’ di argento dall’examen alla coppella, mescolandosi con l’oro che gli è stato aggiunto, aumentando il peso dell’oro e alterando il suo colore, si prova tuttavia, attraverso il peso del piombo mescolato con l’oro, che ne rilascia più di quanto non faccia senza oro.
Da ciò si vede che l’oro attira degli altri metalli a lui simili, che aumentano il suo peso.
L’oro produce questo medesimo effetto anche nella via umida; poiché, se esso è disciolto col rame in un mestruo appropriato, e messo in digestione, esso attira l’oro separato dal rame. Benché un tale lavoro non si faccia con profitto, esso dimostra nondimeno una possibilità. Ma se si conoscesse un mestruo che aumentasse la forza attrattiva dell’oro e diminuisse quella retentrice del rame, senza dubbio se ne potrebbe trarre qualche profitto, e certo ancor di più se l’oro e il rame fossero fusi insieme con un mestruo minerale secco.
In questo modo il peso dell’oro, secondo Paracelso, sarebbe aumentato; egli dice che, se i metalli venissero fusi insieme a fuoco violento e continuato per qualche tempo, quelli imperfetti svanirebbero ed i perfetti rimarrebbero al loro posto (21).
Questo lavoro, eseguito nel modo dovuto, non è privo di profitto, poiché io testimonio ingenuamente di aver qualche volta provato a voler rendere compatta la luna per mezzo di Marte, ed in questo tentativo l’oro mi ha dato, per mezzo di Marte, un accrescimento di buon oro al posto della Luna fissa che io cercavo.
Allo stesso modo capiterà spesso agli Artisti qualcosa di inaspettato quando non esamineranno bene la cosa. Per questo, quando si lavora con i metalli, bisogna fare molta attenzione quando si trova qualche accrescimento, a ricercarne l’origine. Infatti molti immaginano, avendo a lungo lavorato sulla Luna e su Marte con la pietra sanguigna, il magnete, lo smeriglio, la pietra calamina, il talco in polvere, il granato, l’antimonio, l’orpimento, lo zolfo, le pietre focaie etc., che contengono dell’oro maturo e immaturo, volatile e fisso, trovando del buon oro nell’examen, che quest’oro sia stato fatto dalla Luna e dai suddetti minerali; ciò è falso, perché la Luna ha attirato da questi minerali l’oro volatile che vi era nascosto.
Non voglio nondimeno negare la possibilità della trasmutazione della Luna, dal momento che questa è intrinsecamente assai simile all’oro, ma non per mezzo del cimento con i suddetti minerali, tanto più che quest’oro non proviene affatto dalla luna, ma dai minerali dai quali esso è attirato per mezzo della Luna.
Questo lavoro è stato comparato a quello del seme gettato in una buona terra, nella quale imputridendo, esso attiri il suo simile per mezzo della propria forza, che moltiplica al centuplo. Ora, in questa operazione, bisogna umettare la terra metallica di appropriate acque metalliche, il che si chiama incerazione, altrimenti la terra rimane sterile. Bisogna che queste acque siano amiche della terra, affinché, unite, esse compongano un certo grasso; come si vede in una terra secca e sabbiosa innaffiata dalla pioggia, la quale non può produrre dei frutti adeguati al seme, tanto più che il calore del sole consuma il po’ di umore che essa ha, e brucia il seme; ma se vi si mischia del letame, essa ritiene l’umidità in modo da non essere così facilmente consumata dal calore del Sole.
Per la stessa ragione bisogna che questa terra e quest’acqua siano unite, per timore che il seme ne sia bruciato. Se il lavoro è ben eseguito, non sarà inutile; vi sarà bisogno di una estrema diligenza per alimentare la terra col calore e l’umidità necessari; poiché per la eccessiva umidità la terra ne potrebbe essere sommersa, mentre se ne venisse a mancare, si impedirebbe l’accrescimento.
Questa operazione è una delle migliori attraverso le quali si estraggono l’oro e l’argento dai metalli più vili; per essa è necessario avere dei vasi che ritengano il seme con la terra e l’acqua in un calore conveniente. Non dubito che di questo prodotto se possa ottenere in gran quantità, poiché credo fermamente che i metalli imperfetti, particolarmente Saturno, possano essere cambiati in oro ed argento, ed anche in una buona Medicina.
Il chimico deve servirsi prudentemente di questo dono di Dio che gli è di gran sollievo. Dio non vuole che tutti i suoi doni siano comuni: infatti mi è capitato che, avendo inventato un qualcosa di raro e volendolo comunicare ad uno dei miei amici, non solo non potetti mai insegnarglielo, ma da allora non riuscii più ad ottenerlo io stesso. Non è perciò senza ragione che gli altri sono così circospetti nello scrivere di queste alte cose, tanto più che ve n’è diversi che cercano di afferrare i segreti altrui per ogni sorta di vie.
È dunque più sicuro tacere ed obbligare il mondo a cercare e sperimentare le pene e le spese che sono necessarie per le cose alte e difficili. È questo il motivo per il quale prego tutti gli uomini, di qualunque condizione essi siano, di non tempestarmi di richieste, come se fossi possessore di montagne d’oro.
Non ho mai eseguito prove con grandi quantità, ho solamente voluto cercare la verità e mostrarne la possibilità. Un altro potrà tentare con grandi quantità, avendone occasione favorevole. Per quanto riguarda me, io non le ho ancora fatte, ed attendo il soccorso divino per raccogliere il frutto del mio lavoro.
I metalli si possono alterare anche per altra via, ossia per mezzo di uno spirito regale e metallico, come si vede nell’oro fulminato, che viene arrossato diverse volte su di una lama di metallo netta e pulita, imprimendogli così assai profondamente, senza danneggiarlo, una tintura d’oro, di modo che un ago ne possa far la prova. Avviene lo stesso nella via umida, quando i metalli sono messi in lame su di uno spirito graduatorio fatto di nitro e certi altri minerali; essendo essi penetrati dal detto spirito, acquisiscono una specie diversa ad esso propria.
Se qualcuno dubita della gradazione metallica eseguita con l’oro fulminante, ne sarà convinto arrossando ripetutamente l’oro fulminato recente su di una medesima lama, poiché vedrà che non è solo apparenza di metallo, dorato esteriormente, ma piuttosto tinto e perfezionato in profondità. Da ciò si vede chiaramente la mutua azione e passione dei metalli assottigliati, poiché la potenza degli spiriti è grande ed incredibile per colui che non ha esperienza.
Questa gradazione dei metalli inferiori non è solo confermata dai filosofi antichi e moderni, ma anche dai minatori che sanno per esperienza che i vapori minerali trasformano i metalli vili ed imperfetti in altri migliori, come testimonia Lazare Freker [8] che assicura che nelle acque verdi salate, il ferro si cambia in rame buono e naturale, e che egli stesso ha visto una fossa in cui i chiodi di ferro ed altre cose ivi gettate, si convertivano in buon rame per la penetrazione dello spirito di rame.
Affermo dunque che le soluzioni metalliche precipitate sulle lamine di certi metalli si legano ad essi, e gli danno la tintura dell’oro, dell’argento o del rame, poiché è evidente che il ferro gettato nell’acqua di vetriolo, non si cambia in rame, ma attira piuttosto il rame dell’acqua; del che non trattiamo in questa sede, occupandoci piuttosto della possibilità della trasmutazione metallica per mezzo dello spirito tingente e penetrante.
Ciò nonostante assicuro nuovamente che gli spiriti metallici possiedono una grande virtù. Non è forse vero che intere province sono talvolta distrutte dall’inondazione che investe intere città? Anche l’aria non può forse provocare devastazioni simili, allorquando, racchiusa nella terra, eccita tremori per diverse miglia intorno, colpendo città e montagne con rovina di un’infinità d’uomini, per effetto naturalmente prodotto?
Il vento, che è artificialmente provocato dal nitro, ha molti altri effetti. Benché gli elementi corporali abbiano una così grande potenza, tuttavia essi non saprebbero penetrare i metalli senza lederli, non diversamente da quanto avviene alle pietre ed al vetro che sono facilmente penetrati dal fuoco, la cui forza è aperta e non nascosta. Perché mai, dunque, anche i metalli compatti non potrebbero essere penetrati, col soccorso del fuoco, da uno spirito metallico, e trasformati in un’altra specie, nel modo già descritto per l’oro fulminante e l’acqua graduatoria? Perciò non bisogna dubitare della virtù dello spirito che tinge e trasmuta i metalli imperfetti in altri più nobili e preziosi.
I metalli possono anche essere purificati con lo stesso metodo del tartaro, del vetriolo e degli altri Sali, ossia per mezzo di un’acqua copiosa; infatti avviene costantemente che il vetriolo venga purgato dal mescolamento del ferro e del rame dopo che sia stato disciolto in una gran quantità d’acqua e dopo coagulato, in modo da divenire bianco come allume; questa purificazione non è altro che la separazione del metallo dal sale, provocata dal quantitativo d’acqua che debilita il sale al punto da non poter più trattenere il metallo con cui è mescolato, il quale è precipitato sotto forma di una calce limacciosa, la quale non è affatto inutile, essendo la parte principale del vetriolo da cui vengono la crudezza, il rame, il ferro e lo zolfo.
E siccome, attraverso separazione, i metalli che sono più perfetti dei sali, sono estratti dai sali del vetriolo, altrettanto bisogna dire dei metalli, quando la loro parte più nobile si separa per precipitazione.
Quanto al tartaro, è vero che è purificato con l’addizione di una gran quantità d’acqua, ma la sua parte principale non precipita come per il vetriolo, ma, al contrario, a precipitare è la parte più vile, per la sua nerezza e le sue fecce.
Che si annoti quest’esempio: il tartaro comune è reso assai puro e bianco con una frequente soluzione fatta con sufficiente quantità d’acqua, per coagulazione, dal momento che in ciascuna soluzione fatta con acqua chiara e pulita esso diviene sempre più puro; per questo mezzo, non solo il tartaro più bianco, ma pure il rosso e succoso, sono ridotti in cristalli trasparenti, e ciò anche prontamente, per mezzo di una certa precipitazione, la loro limacciosità non essendo altro che cosa insipida, morta, inefficace, mescolatasi col tartaro nella coagulazione compiutasi nei barili, che si separa pertanto nuovamente per la forza della soluzione.
Questi esempi dei due Sali, del vetriolo e del tartaro, non sono riportati qui senza un motivo, poiché mostrano una differenza nella precipitazione; in certi metalli si separa per precipitazione la parte più vile, in altri la parte più nobile, a seconda della predominanza dell’una o dell’altra.
Nel vetriolo la parte più nobile (il rame e il ferro) costituisce la porzione più piccola, che è precipitata e separata dalla sua parte più vile e copiosa, che è il sale.
Nel tartaro, la porzione più piccola è la più vile, e, chiarificata, è precipitata e separata dalla parte maggiore e più nobile. Avviene lo stesso nei metalli, e, pertanto, ciascuno deve ben considerare, eseguendo la sua separazione, quale parte del metallo, se la più nobile o la più vile, deve essere precipitata; senza sapere ciò nessuno deve occuparsi di questo lavoro.
Che l’Artista che vuol raggiungere qualche risultato faccia bene attenzione, nella soluzione, alle acque corrosive come l’acqua forte, l’acqua regia, lo spirito di sale, di vetriolo, d’allume, d’aceto etc., dal momento che le cose suddette rovinano e distruggono tutto; e che presti fede a queste parole: i metalli con i metalli, perché è attraverso i metalli che i metalli sono perfezionati; essi lo sono pure per mezzo del nitro che brucia lo zolfo superfluo combustibile.
Tutte le suddette perfezioni dei metalli sono particolari, perché ogni singola medicina, tanto umana che metallica, si perfeziona togliendone il superfluo. Ma la Medicina Universale opera le sue migliorie ed i suoi perfezionamenti attraverso la fortificazione e moltiplicazione dell’umido radicale, tanto animale che metallico, il quale scaccia il suo nemico grazie alla sua forza naturale.
Ma, si dirà, io propongo dei begli esempi, ma non il modo d’operare.
Rispondo a ciò che mi sono disteso abbastanza nelle mie spiegazioni, e che non ho ricercato che l’utile per il mio prossimo. Ciò deve essere sufficiente, secondo la mia esperienza, riguardo gli specifici miglioramenti dei metalli.
Quanto a questa Medicina Universale di cui tanto si è parlato, io non posso discettarne come di cosa comune, ma ne sostengo solo la possibilità.
Bisogna contentarsi della scienza che Dio ci dona, e qualche volta è meglio saper poco che essere orgogliosi.

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APPENDICI AL QUADERNO DEI SETTE COLORI.

Arrivato al punto di condurre la Grande Opera alla pietra grigio-bianca nello spazio di 18 mesi, potrei offrire ai curiosi 550 tonalità distintive; ma ancorché la cosa unica sia vile, o meglio comune, e che, in una parola, che essa sia ovunque (21), sarebbe stato ridicolo di presentare un numero di vasi così grande, e quello di sette che ho adottato già eccede di sei l’ordine dei Saggi.
Benché io non offra che sette colori che, nel tempo, devono tra loro essere distanziati di 66 gradi o giorni, così come indicato dal numero delle 66 lame che formano insieme i tre ultimi tomi del Libro di Thot, avviene ciò nonostante, benché raramente, che tra due numeri la differenza delle operazioni esteriori dell’opera non sia che impercettibile, poiché si trova in questi casi che un numero, in superficie, può passare più o meno rapidamente. Ciò tuttavia non impedisce che il numero più vecchio arrivi invariabilmente prima di quello più nuovo, ai numeri VI e VII.
Nulla in questo basso universo piacendo allo stesso modo a tutti gli uomini, non stupisce certo che su cento operatori ve ne siano dieci che non stimano la mia opera come quella veramente ermetica.
Rispondo a costoro: se voi offrirete in maniera più comprensibile le operazioni della grande Natura, e se la vostra opera si riporta più della mia alle opere stampate e manoscritte dei Filosofi, mi sottometterò al vostro linguaggio, altrimenti, permettetevi di dire che in voi vi è gelosia, o almeno prevenzione per la via che tenete, e nella quale, siete obbligati a dirlo, voi non vedete solo l’imitazione della Natura nei suoi atti semplici e quotidiani.
Le bellezze che l’Opera Ermetica mostra nella sua via non possono essere descritte, limitiamoci dunque sempre a qualche aspetto particolare.
L’Opera mostra che la terra è di un ovale un po’ appiattito, poco unito, galleggiante in un fluido attirato al centro, il quale è perpetuamente respinto alla circonferenza; che la terra è compressa da un chaos sottile, denominato atmosfera; che l’atmosfera non solo è attirata verso la massa, ma anche al centro della terra, e che tuttavia è limitata da una sostanza che ha un po’ dell’omogeneità di uno spirito universale sparso per l’universo.
L’Opera mostra che vi è una legge di movimento inalterabile dal centro della terra alla sua circonferenza; che in qualunque luogo della superficie dell’opera vengano piazzati gli alberi, essi traggono sempre la loro direzione dal centro.
Gli alberi non appaiono che nel sesto vaso, che indica un tempo determinato; essi non spuntano che allorquando la terra è assolutamente pura o adamica, vale a dire rossa, tale quale doveva essere al momento in cui fu creata; questo è il parere dei Filosofi.
I germi spuntano bianchi, ed ingialliscono corporificandosi; i rami escono dal tronco che prende il colore della quercia, ed infine il rosso aurora, quando le foglie e, senza dubbio, i fiori ed i frutti coronano l’albero.
Questi alberi, vera natura di quercia, sui quali pure si raccoglie questo prezioso muschio, non sono qui delle metafore, ma alberi reali ed effettivi, in una parola palpabili; una parte delle radici di questi alberi serpeggiano visibilmente sotto una pellicola generale che copre l’opera, benché questa pellicola sia differente come colore, a seconda dei terreni interni, che variano all’infinito.
La parte più lunga dell’opera per colui che non è più istruito di me, è un inverno glaciale, ed è in questo lungo passaggio che si vedono: «i grandi alberi che la terra ha spinto fino alle nuvole, così avviluppati da piante rampicanti che impediscono di raggiungerli» (C. T. Raynal, Historie des deux Indes) [9].
Dal parere di diversi Discepoli di Ermes viaggiatori, non si vede che a Napoli ed a Parigi (presso di me) il medesimo genere di opera ermetica, devo dire tuttavia che io conosco a Parigi cinque persone che hanno lo stesso tipo d’opera, di cui una, che ho nominato del mio Fragment sur les Hautes Sciences, è più sapiente di me [10].
La mia opera non fa parte delle curiosità che trascinano la folla; un piccolo numero di veri appassionati di varie scienze ed anche altri sapienti, con qualche antagonista delle Alte Scienze, è tutto ciò che desidero vedere nel mio gabinetto.
Siccome tutti gli appassionati di Filosofia Ermetica che vedono per qualche giorno di seguito la mia opera, e di conseguenza sanno con qual precisione essa segue le operazioni della Natura e tutto ciò che essi leggono nei Filosofi, sono desiderosi di possedere uno dei miei vasi, dirò del tutto naturalmente il prezzo che io gli attribuisco, non in ragione del valore, che, sinceramente, non è che d’essere oggetto di curiosità, ma per compensazione del po’ di scienza che io posseggo, la quale, per fortuna dei curiosi, non può costare loro più fatica, tempo e denaro che a me. Che le fortune si condividano, che le scienze si spargano e penetrino tutti gli uomini; un popolo di saggi coprirà la terra.
Per aver uno dei miei vasi non chiedo solo il prezzo che ho fissato, venticinque luigi; ma è anche vero che voglio esser certo, per quanto possibile, che questa somma non possa influire sull’onesta agiatezza del curioso, e che quand’anche fosse più che fortunato in ragione di questa spesa, bisogna ancora che scorga in lui le qualità dell’uomo onesto e del Cittadino; in una parola, al volontà d’essere utile agli altri se dovesse avere fortuna nel perfezionamento dell’Opera.
Quanto al mistero della scienza, io non gli domando il segreto, perché a mia volta non glielo elargisco; quand’anche lo rinvenisse da solo, un impero non glielo farebbe divulgare.
Siccome un tal curioso, senza dubbio meno avanzato di me, non potrebbe governare da solo il proprio vaso, egli potrebbe riportarmelo di tanto in tanto, ogni quindici o diciotto mesi, ed io lo condurrei così fino al numero VI, ma non più oltre.
Se egli aprisse o lasciasse cadere il suo vaso, lo spirito universale sarebbe attirato dalla massa dello spirito universale, e l’Opera morirebbe; in questo caso la perdita sarebbe tutta sua.
Seconda offerta:
Vi sono degli appassionati distolti dalle loro occupazioni dalla pratica dell’opera; ve ne sono che hanno già oltrepassato dieci o venti anni nella loro ricerca e che non sanno realmente nulla; infine vi sono uomini, in grandissimo numero, così come donne, che non si esprimono né pro né contro l’Opera Ermetica, che dovrebbero fare un piccolo sacrificio per poter avere qualche pretesa di riuscita. Prima di esaudire i loro desideri, rendiamone conto un po’ più esattamente alla società, che risponde di tutti i suoi membri e della loro condotta.
Trovare una medicina che senza nessun riguardo al tipo di malattia, tenda ad impedire che il corpo si ammali, mi sembra così verosimile e così semplice che mi dico: bisogna che l’ignoranza sia veramente esagerata per predicare che ciò è impossibile!
Trovare un rimedio che guarisca allo stesso tempo due malattie, è cosa così comune che mi dico: è impossibile che non vi sia un rimedio che ne guarisce tre, ed allora sono costretto a convenire che vi deve essere in effetti in Natura una Medicina Universale.
Quanto alla perfezione dei metalli volgari, e, insomma, alla loro nutrizione, perché mai se conosco gli agenti della natura propizi al loro perfezionamento ed alla loro maturazione, non potrei renderli perfetti, vale a dire trasformare il piombo in oro? Ciò mi pare così verosimile da chiedermi come l’ignoranza possa impadronirsi di uomini che per altri versi sono veramente istruiti.
Non è più permesso volentieri il dubitare dell’esistenza di una medicina che, allontanando da tutte le malattie, guarendole tutte, allunga i giorni; allo stesso modo non è più permesso volentieri il mettere in dubbio che si possano trasmutare i metalli volgari in metalli perfetti, perché che entrambi le cose non siano ordinariamente pubbliche, è per un puro trattato fatto con la scienza e la saggezza, e non per la certezza di un patto con l’ignoranza.
Se io possedessi l’Opera, non avrei bisogno che di sacchi per riporre il mio oro; non possedendola, io apro una cassa di sottoscrizione per correre con me, le cui azioni vanno da un luigi a dodici.
Oltre la maggior certezza che si ha di un buon pilota rispetto ad uno debole, si può ancora, non occupandosi da sé di un viaggio di lungo corso, badare al bene della società e preservarsi dall’investire su di un qualunque capitano, oggi corsaro e domani filibustiere, laddove il nostro pilota è riconosciuto dai suoi confratelli per essere viaggiatore ed in più cittadino.
L’Opera ermetica è una scienza naturale che ha del divino, ed è per questo che è denominata Scienza Divina. Essa ha anche della Natura, ed è per questo che denominata Arte Sacra. Essa è fatta per l’uomo giusto e veramente laborioso, perché il dono del più gran tesoro posto nella natura non può essere il premio del malvagio né dell’ozioso.
Correre il rischio di un luigi, significa nutrire speranza sulla propria perpetua salute, su di un anno di vita in più, su mille lire, somma ragionevole per vivere per un anno. Così, ecco la progressione delle opportunità:
1×1=1 anno e mille lire; 2×2=4; 6×6=36; 12×12=144.
La sottoscrizione totale è infinitamente limitata, perché la Pietra Filosofale non è ancora alla portata di tutti gli uomini, e soprattutto non lo è di quelli che avranno l’insulsaggine di dirci che è proprio questo il colmo della follia, laddove essi stessi sono tanto lontani dal tempio della saggezza.
Io cerco di penetrare di tutto il mio sapere qualche vero studioso, e vi riesco; Hisler, prussiano, mio intimo amico, ne è la prova [11]; e ve ne sono ancora altri.
Oltre a ciò che abbiamo detto nella Philosophie des Haute Sciences, desiderando dare ai nostri maestri lontani da noi, e di cui molti ignorano la nostra esistenza, una testimonianza che siamo sulla strada autentica, e, nello stesso tempo, dare a tutti i giovani discepoli presenti ed a venire un saggio consiglio, diciamo: nelle due vie, la secca e l’umida, il più da apprendere è, nella prima, il disseccamento delle acque, nella seconda, il soffocamento delle acque; l’una brucia o dissecca, l’altra annega o imputridisce, e, nei due casi, la Natura, invece di rendere il soggetto prefissato, ne offre un altro che non è più l’Opera.
Se, in uno dei vostri passaggi, vedrete la vostra terra ricoperta di neve e tinta di rosso, o, più precisamente, di un rosa tenero benché impercettibile, gioite e continuate con prudenza; è il sole della vostra opera che vuol salire al suo orizzonte.
Colui che non possiede l’Opera perfetta non è più ricco, in Filosofia Ermetica, di un uomo che non ne ha mai inteso parlare; ma è pur vero che più un discepolo lavora rettamente, più è istruito del fatto che questa sublime scienza non è una finzione, come dicono coloro che, cercando l’Opera ove essa non è, si sono disgustati ed hanno finito per non crederla più vera.
Il colore del papavero arriva nell’Autunno del VI vaso, e non scompare che nella macerazione del VII vaso, dove allora questo colore riappare con tutti gli altri sul mantello regale della Pietra dei Saggi, o del Re nel suo bagno.
A pregiudizio della consultazione di Etteilla, che bisogna guardare come l’avvocato e il consigliere nella catena della vita, viene in certe persone il timore tanto poco ragionevole di apprendere avvenimenti incresciosi per l’avvenire; non è forse ciò un non voler essere avvertiti in tempo per impedirli?
Noi abbiamo oggi, nelle operazioni di chimica pura, qualche strada più aperta di quella della piccola opera sopra riportata; è la ricompensa assai onorevole dei lavori dei chimici dei nostri giorni.
Un uomo che parla contro le Alte Scienze è d’uno spirito triste – e noi lo abbiamo provato – che non teme di condannare i suoi propri amici.
Il minerale indeterminato impedisce l’annientamento totale degli esseri primitivi.
L’appassionato che viene a vedere i miei vasi, non deve trascurare colui che non crede ancora ai suoi occhi. Si passa senza ingiustizia per ignoranti quando non si dimostra che si è più sapienti di colui che si critica.
Spero di riuscire entro due anni; ma chi può garantirlo? Non certo gli scritti dei filosofi, sui quali io sono fermo; non i Filosofi, che si comportano come il cocchiere che incoraggia i cavalli senza tirare egli stesso la vettura; non i miei amici né i miei allievi, che vorrebbero sapere quel che faccio.
Se fossi un semplice appassionato che crede alla scienza del grande Hermes, avrei una qualche fiducia in quella di questo Etteilla? L’avrei? Non lo credo. Quale miscuglio di debolezza e forza! Chi lo concepisce? L’uomo semplice e di buon intendimento.
Ho già indirizzato al parola ai massoni, a pag. 81 del secondo quaderno dei Tarots, o meglio ancora, nel terzo tomo della Philosophie des Hautes Sciences.
Tutte le piccole denominazioni di Logge e gradi, denunciano più la follia che la saggezza, e tutti i simulacri esteriori annunciano più l’ignoranza che la forza. Ciò non lo dico per spirito di critica, ma per la severità che deve aver un discepolo vero della Alta Massoneria.
L’origine della Massoneria data dal momento in cui il primo uomo nacque e fu in grado di scienza e di saggezza. Tra i figli di Noé vi fu Cham e i suoi primi discendenti, che ne fecero un sistema regolato, perché, per quanto riguarda Sem e Japhet, essi la nutrirono solo nel loro cuore, ed i loro discendenti non se ne occuparono di più.
Le rivoluzioni allontanarono lo spirito puro della Massoneria, ed il colpo di martello fu il solo conservato, perché richiamava sotto le ali di qualche residuo Venerabile, i discepoli spaventati e sconsolati. Alla verità venne a mescolarsi al favola, e ben presto si osò colpire con questo martello sacro in nome della perfidia.
La verità interiore della Massoneria richiama tutti gli uomini, ovunque essi siano, ma bisogna a molti di essi quella vile apparenza esteriore che ben presto riporta tutte quelle superficialità estranee alla vera Massoneria, superficialità che allontanano gli uomini fatti, e non produce in genere, nelle logge, che dei Venerabili istruiti dei simulacri, che mettono in uso le immaginazioni sempre ricorrenti dei pretesi Fratelli più colti degli altri.
«Se la vera Massoneria fosse mai esistita, i fratelli avrebbero parlato a voce alta, ed il Mistero non sarebbe esistito se non nell’Opera».
È ciò che gli Egizi avevano perfettamente reso sul quindicesimo foglio del Libro di Thot, pag. 24 e seguenti del medesimo tomo, o nel quarto libro: «Su una tavola o altare, all’altezza del petto dei Magi, c’erano da un lato un libro, o una sequenza di foglietti o lamine d’oro (il Libro di Thot), e dall’altro lato una vaso pieno di un liquore Celeste Astrale, composto da un terzo di miele selvatico, da una parte di acqua terrestre e da una parte di acqua celeste…» .
Il segreto, il mistero, era dunque nel vaso e nella scienza di leggere i sublimi geroglifici tracciati sulle settantotto lame che racchiudono la scienza dell’universo intero, ciò si trova nell’ottavo volume di Gebelin, nel Discours sur le Tarot.
Intendo dunque dire che, ripudiando in loggia tutte quelle che si definiscono prove, non si dovrebbe considerare che quella di interpretare il Libro di Thot, in cui vi è ogni scienza umana; ed, in secondo luogo, si dovrebbe mettere un vaso vuoto sull’altare, fino a quando i fratelli non lo riempissero con la cosa unica, condotta al suo più alto grado di perfezione.
Se questo saggio consiglio fosse messo in pratica e la scienza e la saggezza fossero favorite in una loggia, quale angolo dell’universo non la invidierebbe per la sua fortuna? E se per arrivarvi bisognasse semplicemente entrare in loggia, ed essendovici, pensare e riflettere, null’altro, rimarrebbe ancora uno solo che avesse il suo “Fratello Terribile”, quando la saggezza e la scienza sono così dolci? E se per arrivare al proprio Tempio occorressero fatiche reali, e per esse la virtù di non essere mai indiscreti?
Traduzione libera dal latino che è sulla tavola originale dipinta da più di un secolo appartenente a Etteilla; tavola che lo ha molto aiutato ad intendere qualche parte del Libro di Thot della Filosofia Ermetica.
Ecco la stampa che è posta in apertura del primo libro:
«Ah! Ecco il gran tesoro che non è mai stato divulgato.
1. Fortunato colui che mi scoprirà.
2. Preparazione della Materia.
3. Io sono quella Vergine che vi nutre.
4. Non badate troppo al colore.
5. Egli ha dato meno rugiada ai suoi, ma li ha ripagati.
6. Io li guido e rispondo con l’uguaglianza all’impero che gli è stato dato sugli elementi.
7. È così della materia.
8. Io indurisco con la mia umidità, e fondo col mio calore.
9. Io rinforzo e coloro
10. Quando sarò stato esaltato per mezzo dei dodici segni, cambierò tutto e guarirò i malati.
Questa allegoria del santuario della Natura, che è nello stesso tempo la prova degli immensi lavori che i Filosofi devono subire per pervenire alla perfezione della Grande Opera, è posta su di un parallelepipedo, o cubo allungato, emblema di un riposo assicurato, dove si vede dipinta l’immagine del nostro Augusto Monarca e delle sue armi che insieme formano il sigillo della Patria.
Questi soggetti, preziosi a tutti i compatrioti, sono circondati da rami di Olivo, emblema della pace e della dolcezza tipica dell’olivo quando è maturo, da rami di lauro, simbolo del trionfo sulle calamità della guerra, ed infine da rami di palma, allegoria dell’uguaglianza dei doveri e della giustizia. Seguono queste parole del Salmista: Il giusto germoglierà come la palma. Tutto in lui sarà buono, e nulla, venendo da lui, potrà mai alterarsi.
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Le opere di Etteilla, tanto diffuse quanto astratte, domandano di essere lette molte volte, soprattutto nei momenti di ricreazione.
FINE.


NOTE DELL’AUTORE:


(19) Chi non ha il suo povero e il suo ricco, dissi un giorno al mio parente più prossimo, che non mi comprendeva troppo, benché abbia infinitamente bisogno dell’uno e dell’altro, non può dirsi perfettamente felice.


(20) Leggete L’existence de la pierre merveilleuse des Philosophes, vi troverete più che delle apparenze, essendovi delle verità inconfutabili.


(21) Si, ma il seme sarebbe in pericolo.


(22) Troverete dappertutto ed ovunque questo muschio, o vero minerale indeterminato, che possiede in sé i tre regni che voi dovete vedere passare nella vostra Opera, senza che abbiate mai mancato ai lavori dell’Artista. A meno che non abbiate raccolto affatto il vera muschio, ma bensì il falso, che mi ha sovente ingannato. Nei dintorni di Parigi si contano 137 specie o varietà nei muschi (M. Vaillant, Dictionnaire de M. de Bomare).


(23) Vale a dire il libro parlante di Dio, degli uomini e della natura.

(24) Un uomo ricchissimo e già istruito, è venuto in questo mese di Dicembre 1785 ad offrirmi duemila lire in contanti per avere uno dei miei vasi e perché io gli dicessi letteralmente ciò che facevo. Questa grande somma, gli risposi, non è esorbitante in ragione della fortuna che ho speso, soprattutto nei miei 22 anni di viaggi ed oltre 30 anni di studi; inoltre, continuai, ciò che io faccio in questo Mistero filosofico, è tutto ciò che posseggo, e non può restarmi che a patto che lo sappia serbare; se io pure vi confidassi il mio bene, non avreste soddisfazione maggiore di quanta non avete ora, poiché la raccolta non si effettua che ad opera perfetta, stadio cui non sono giunto, possedendo unicamente la Materia Prima, il Gran Fermento e le prime vie.


(25) Vi è in questo momento a Parigi una dama tedesca che, in presenza della signorina sua figlia, mi ha testimoniato che il suo sposo aveva, per l’esplosione del suo vaso, perduto in un minuto il lavoro di molti anni e ventimila scudi. Gli ho risposto che l’opera in sé non costa nulla, il povero ed il ricco possono fare il capolavoro dell’uomo, che diviene spasso da donna e gioco da bambini.


(26) bisogna tener presente che quest’opera, che ha per titolo Philosophie des Hautes Sciences, è in dieci libri raccolti in cinque tomi, prezzo 7 lire e 10 soldi.

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NOTE DEL CURATORE:

[7] «Odore particolare svolto dalle sostanze di origine animale o vegetale, specialmente grasse, quando si decompongono al calore» (Gino Testi, Dizionario di Alchimia e di chimica antiquaria, ristampa 1985, Mediterranee, Roma, p. 77).


[8] Si tratta evidentemente di una corruzione del nome di Lazarus Ercker (circa 1530-circa 1594), chimico, metallurgista e mineralogista tedesco formatosi all’università di Wittemberg che, per le sue competenze mineralogiche, ottenne una notevole fama e ricoprì importanti incarichi statali. La sua opera principale Beschreibung allerfürnemisten mineralischen Ertzt und Berckwercksarten (1574) ebbe grande diffusione, un notevole numero di riedizioni (anche lungo tutto il XVII sec.) ed una traduzione inglese.

[9] La citazione di Guillaume-Thomas François Raynal (1713-1796), sacerdote controverso ed apostolo delle idee libertarie illuministe, è un’altra riprova dello sfondo culturale cui attinge Alliette. L’opera cui fa riferimento il nostro, l’Histoire philosophique et politique des établissements et du commerce des Européens dans les deux Indes, appare per la prima volta nel 1760 e conosce un rapido successo ed un certo numero di ristampe. L’opera, a causa di alcuni velati attacchi alla monarchia, verrà censurata nel 1780.


[10] Rimarrebbe deluso il lettore che cercasse nel Fragment sur les hautes sciences un riferimento chiaro a quello che, per quanto palesemente rispettato, sarebbe stato per Etteilla comunque un pericoloso concorrente. L’abile figlio di Hermes superiore allo steso Etteilla, è infatti indicato a pag. 50 del Fragment unicamente con l’iniziale (P.), e la nazionalità (fiamminga): quoique ce Savant n’ait pas encore multiplié.


[11] Di Hisler sappiamo che era un prussiano che viveva a Berlino. Allievo di Alliette nel biennio 1769-1770, secondo la stessa testimonianza dello stesso Alliette (in Etteilla, ou l’art de lire dans les cartes, Paris 1791), era l’autore di una “combinaison hislérique” estratta da un lotto indiano pubblicata da Etteilla nel 1782. Da una lettera di un altro allievo, il massone e cartomante de Bonrecueille, conservata alla biblioteca cittadina di Lione sappiamo che Hisler tornò a trovare il suo maestro nel 1788 (cfr: Ronald Decker, Thierry Depaulis e Michael Dummet, A wicked pack of cards: the origin of occult tarot, Duckworth, London 1996, p. 100).
A proposito di questo allievo, tra i pochi cui Etteilla riserva pubbliche attestazioni di stima, riportiamo quanto scrive Millet-Saint-Pierre in merito al rapporto tra Alliette ed i suoi allievi, nel citato articolo reperibile in altra pagina di questo stesso sito:
«Questi nuovi maghi non erano trattati caritatevolmente dal patriarca della corporazione. Egli dichiarava che, ad eccezione di Hisler e di Jélalel, tutti quelli che avevano ricevuto da lui qualche lezione e che avevano l’arditezza di dirsi indovini e cartomanti erano “dei malandrini e gente in cattiva fede”.
… …
I due allievi oggetto di una onorevole eccezione, lo erano forse degni per merito, e non lo negheremo. Tuttavia noi supponiamo che il loro allontanamento avrà non poco contribuito all’indulgenza di cui erano oggetto da parte di un uomo così terribile al riguardo dei concorrenti. Hisler abitava a Berlino e Jélalel esercitava a Lione.
Il primo è l’inventore dell’alfabeto numerico che Etteilla qualifica come scoperta e per il quale egli non ha abbastanza elogi, come in un articolo in forma epistolare pubblicato nel 1772 in Lettre sur l’oracle du Jour, che comincia con queste parole: “Marchese, voi siete mio amico”».

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