Pagina on-Line dal 07/04/2012

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Imperò che Tazio, mio figliuolo, in tua assenzia, ha voluto imparare la natura del tutto, e esso, quasi come più giovane e venendo di nuovo, non mi ha voluto aspettare, a cognizione del quale io sono stato costretto dire più cose, acciò che egli più facilmente e espeditamente potessi intendere, ho giudicato essere cosa degna che, di molte cose eleggendo le migliori, in somma ti racconti la passata disputazione, imperò che teco, sì come ammaestrato de la natura delle cose, per alcuni misterii trascorrere si conviene. Quelle cose le quali col senso s’apprendono, tutte sono fatte e tutto dì si fanno. Le cose generate non sono fatte da se medesime, ma da altri. Molte cose sono generate, ciascuna al senso manifesta, e differenti, né in tutto simili. Le cose che sono generate, da altri procedono, e adunque alcuno il fattore di queste e questi è ingenito, acciò che più antico sia che le cose generate, imperò che abbiamo detto le cose generate derivare da altri. Ma delle cose generate, nulla può essere più antico fuora che quello che è ingenito. Certo il fattore è più potente e unico e solo, e che veramente sa tutte le cose, conciò sia che nulla l’avanzi. Egli è dominatore della moltitudine, della grandezza, della operazione, e della continuità, e della differenzia di tutte le cose generate. Oltre a questo le cose generate sono visibili et esso invisibile, ma solo per tanto fa acciò che diventi visibile. Adunque sempre fa. Degna cosa è intendere, intendendo maravigliarsi, maravigliandosi chiamarsi beato riconoscendo il legitimo Padre, imperò che qual più dolce cosa è che il legitimo Padre? Or chi è questi, e come lo troveremo? O è egli conveniente nominarlo solo i Dio, o Fatore, o Padre? O nominarlo insieme di questi tre soprannomi? Nomineralo adunque Dio per la potenzia, Fattore per la operazione e finalmente Padre per la bontà, imperò che la possanza è così differente da le cose generate e l’operazioni sono nella produzzione di tutti, per la qual cosa, lasciando la varietà e vanità del parlare, queste due cose principalmente è necessario pensare, cioè il genitore e il generato. Questi non hanno alcuno mezzo, né alcuna altra cosa è oltre a questi.  Quando adunque tu vorrai intendere ogni cosa, ricorderati di questi due, e arai a mente questi essere il tutto, e nulla ti sarà in dubbio: né cose superne, né infernali o divine, o mutabili, o vero manifeste, o veramente di quelle che sono nascoste nelle tenebre. Certamente tutte le cose sono due, cioè il genitore et il generato: né l’uno né l’altro può essere diviso, imperò che non è possibile il fattore essere sanza il fatto, e ciascuno di loro è quel medesimo. Adunque non può essere disgiunto l’uno da l’altro, sì come né l’uno né l’altro da sé medesimo può essere diviso, imperò che se quel medesimo che fa nulla è altro oltra a quello che fa, imperò che è semplice e come sempre è, così sempre è agente, essendo sempre quel medesimo nello stare e nello operare. Ma nulla che sia generato è da sé medesimo generato; non è adunque diviso colui che fa da quello che è fatto, et colui il quale sottrae uno di questo, perde ancora l’altro. Certamente la propia natura dell’uno sempre ragguarda la natura dell’altro. Se adunque due cose sono concesse, cioè colui che fa e quello che è fatto certamente insieme uniti sono, non dimeno in tal modo che l’uno preceda e l’altro seguiti, certo il precedente è Dio che fa, e il seguente è quello che è fatto. Et finalmente, quel che questo sia, alcuno non si dissidi di quel che abbiamo detto, spaventato per la varietà delle cose quasi come la costruzzione di tante diverse cose sia o veramente ardua, o vero non degna della divina maestà, imperò che l’unica gloria di Dio è la constituzione del tutto, e l’opera fatta è sì come il corpo di Dio. Certamente da esso fattore nulla è di male e nulla brutto, perché certo queste sono passioni che seguitano l’opere create, sì come la ruggine il metalle e il fango i corpi animati. Ma né il fabbro del metallo vi fece venire la ruggine, né il genitore del corpo animato il fango e la bruttezza. et per simile modo né ancora Dio il male. Ma la perseveranza della generazione constringe sottentrare il male, e per questa ragione i Dio ha instituito la mutazione alle cose, quasi come una certa purgazione d’essa generazione. Oltre a questo a uno medesimo dipintore è lecito figurare il cielo, la terra, il mare, li dii, li huomini, li bruti, li alberi e le cose che non hanno vita. Or mancherà a uno Dio la possanza di potere tali cose? O huomo fuori di mente, o cieco e sanza parte d’ogni divina cognizione! Di nulla, o Esculapio, si debbe fare più scherno che di colui cui questo accade, imperò che, mentre che confessa di onorare i Dio, per tanto ch’e’ voglia che Dio sia sanza cura e sanza faccenda del creare, in tutto è ignorante di esso Dio. Et quello che è peggio, egli attribuisce al lui le passioni de’ mortali, cioè la invidia, la superbia, la ignoranzia, la impotenzia, imperò che, s’e’ farà ogni cosa, egli è superbo, o egli è più tosto inpotente, delle quali cose l’uno e l’altro non è bene detto, imperò che i Dio ha unica e propia natura, e questo è esso bene, e il buono non è superbo né inpotente. Ma esso bene è esso Dio, et il bene certamente è essa possanza di tutte le cose che fare si debbono. Quello adunque che è generato, da Dio è generato, cioè dal bene e da quello che può ogni cosa. Vedi in che modo egli fa, e eziandio in che modo quelle sono fatte; la qual cosa, se tu vorrai comprendere, tu lo potrai vedere per una bellissima imagine, e molto simile. Deh poni mente: lo agricoltore che sparge i semi nel grembo della terra, certamente in una parte il grano, altrove l’orzo e in altro luogo i semi di ogni altra ragione, ragguarda quel medesimo che  ripianta e pota le viti, i meli e i fichi. Al medesimo modo i Dio semina certamente in cielo la immortalità e in terra la mutazione, e finalmente in tutto il mondo la vita e il movimento. Et queste non sono molte cose, ma poche, e terminate con certo numero, imperò che tutte queste sono quattro, et i Dio e la generazione, da’ quali sono comprese tutte le cose.

 
IL FINE. 

 

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