Pagina on-line dal 13/04/2012
Le insegne della casata de Montluisant.
Originaria della Guyenne, nel sud-ovest della Francia, poi trasferitasi nella Beauce, regione corrispondente all’attuale dipartimento di Eure-et-Loire, la famiglia Gobineau si stabilisce a Chartres alla fine del XV secolo. Qui Michel Gobineau occupava infatti una rilevante carica amministrativa. Partigiano di Enrico IV di Navarra, Michel viene perseguitato dagli avversari politici, ma quando, nel 1591, Enrico entra a Chartres (dove si farà incoronare Re di Francia), i suoi alleati si trovano favoriti e ricompensati dal nuovo sovrano. La famiglia allarga così la sua sfera di influenza, e Michel diviene signore di Montluisant, una località vicina a Chartres, proprio sopra la valle in cui sorge la città di Luisant. È sempre Michel che sceglie le insegne della famiglia, un fondo azzurro su cui si staglia una montagna d’argento, sormontata da un sole d’oro. Otto figli maschi benedirono il matrimonio del signore di Montluisant, e tutti i figli furono distinti ufficiali pubblici o ecclesiastici. Il primogenito fu Jacques, pubblico giudice a Chartres tra il 1615 ed il 1617, che si sposa con Françoise Boileau, da cui ha diversi figli. Di questi ci interessa, in questa sede, il primogenito, Esprit, che vede dunque la luce a Chartres nel primi anni del XVII secolo.
A questo punto leggiamo ampi stralci di cosa, nel 1891, scrive il generale Montluisant, discendente di Esprit, nell’opuscolo delle Recherches Historiques & Genealogiques che dedica alla sua famiglia, e che è, in effetti, la principale fonte biografica su Esprit. Intercaleremo la citazione, dove possibile, con le immagini dei frontespizi delle opere citate:
«Esprit, figlio maggiore di Jacques, il giudice, continua la linea diretta della famiglia.
“Si hanno poche informazioni biografiche su di lui. Si sa solo che egli in principio si destina allo stato ecclesiastico, poi che abbandona la Chiesa per essere impiegato nella Tesoreria da Claude de Montescot” (Mèmoire de la Société d’Archéologie d’Orleans, p. 100 e sgg.).
Quando nel 1619 una ribellione scoppia tra i borghesi di Metz e porta a quella che verrà definita la guerra dei parpaillots (1), il cardinale Richelieu invia a Metz un commissario Reale, Esprit segue il commissario inquisitore e si fissa a Nancy. Fu durante questo soggiorno che fece stampare, nel 1626, presso Jacob Garnich, stampatore della città di Nancy, un piccolo poema: L’ordre sacré de la Sainte Prétrise, che dedica a Dominique Doyen curato di Maguere.
Quando l’editto reale del 15 gennaio 1633 crea il Parlamento di Metz, il conte Leclerc de Lesseville (di Chartres) ne fa parte come consigliere. Prende presso di sé il compatriota Esprit de Montluisant ed, aiutato dal suo collega Paul Chenevix, lo fa nominare segretario-uditore alle Inchieste del Parlamento.
Durante il suo soggiorno a Metz, Esprit pubblica altre piccole opere.
Nel 1623 Le Sacré Mont Carmel, che dedica a Mademoiselle Anne de Fabert, la sorella del Maresciallo Abraham de Fabert…
La Royale Themis qui contient les effets de la justice divine humaine et morale et l’établissement de la Cour du Parlement de Metz, et les acrostiches sur le noms des seigneurs de la dite Cour par Esprit, sieur de Montluisant.
Esprit faceva parte della falange dei cercatori che, verso la metà del XVII secolo studiavano con accanimento la scienza ermetica…
Egli pubblica la sintesi dei suoi studi e delle sue riflessioni in due piccole opere che sono state conservate e riprodotte nella raccolta di Guil. Salmon. Ecco il titolo della prima:
Enigmes et hiéroglyfs physiques qui sont au grand portail de l’église cathédrale et métropolitaine de N. – D. de Paris, avec une instruction très curieuse sur l’ancienne situation et fondation de cette église et sur l’état primitif de la cité. Le tout recueilli des ouvrages d’Esprit Gobineau de Montluisant, gentilhomme chartrain, ami de la philosophie naturelle et alchimique et d’autres philosophes très anciens…
La seconda opera pubblicata da Esprit de Montluisant su queste questioni porta per titolo:
Le traité secret de l’Arte Philosophique, ou l’arche ouverte, autrement dit la Cassette du Petit Paysan.
Queste due ultime opere non hanno alcun valore né scientifico né letterario. Non sono che curiose.
Le pubblicazioni d’Esprit de Montluisant esistono nelle grandi biblioteche di Parigi, ma appaiono raramente nelle vendite, e non abbiamo potuto procurarcene una sola copia» (2).
Quali sono le fonti dell’attribuzione della Cassette du petit Paysan al de Montluisant? Perché un autore avvezzo a firmare o almeno a siglare le proprie opere avrebbe dovuto partorire un’operetta senza attribuirsela? Operetta il cui autore, peraltro, si dichiara tedesco? (3)
Tralasciando l’attribuzione della Cassette, che, così presentata, senza il minimo sostegno documentale, è evidentemente inaffidabile, notiamo anche che all’illustre discendente della casata de Montluisant sfugge la prima rarissima edizione, datata 1640, degli Enigmes, che è quindi l’unica opera di ispirazione ermetica prodotta da Esprit.
Se si escludono le scarse indicazioni biografiche fornite dal generale Montluisant, le uniche notizie ulteriori che abbiamo sulla vita di Esprit sono quelle tratte dai registri parrocchiali di Metz, e riguardano il suo matrimonio, il 14 gennaio, nella parrocchia di St. Victor, con Catherine Lucat, vedova di Dominique Toutlemonde, dalla quale ebbe Etienne, che proseguì la stirpe rendendo nonno Esprit per ben cinque volte (4).
Sulla poesia di Esprit, intinta di profondo e non banale spirito religioso e ricchissima di riferimenti agiografici, segnaliamo uno studio di A. Benoit intitolato Esprit Gobineau, poète chartrain du XVII siècle, uscito nelle Mémoires de la Société archéologique d’Eure-et-Loire, tome III, 1863, pp. 263 – 276. In questo studio il lettore potrà trovare alcuni interessanti stralci della poesia religiosa di Esprit. Più recentemente il nostro autore è stato oggetto di un’altro studio, a firma di Alain Cullière: Le prêtre hors de cour. Réflexions sur les vers d’Esprit Gobineau (1633) in AA. VV. L’image du prêtre dans la littérature classique (XVIIe-XVIIIe siècles) (Bern, Berlin, Bruxelles, Frankfurt/M., New York, Oxford, Wien, 2001) a cura di Danielle Pister.
Oltre al testo ristampato nel IV volume della Bibliothèque des Philosophes Chimiques, lo scritto di cui ci occupiamo ha conosciuto una riedizione moderna negli Annales Archéologiques, tome vingt-unième (Paris, Librairie Archéologique de Victor Didron, 1861), pp. 137 – 147 e pp. 210 – 221, a cura del Didron, che lo dà come curiosità, preoccupandosi di screditarne il valore. Una ulteriore ristampa è quella nella Nouvelle assemblée des philosophes chimiques di Claude d’Ygé (1954), cui segue l’edizione calligrafata di Eugéne Canseliet in Trois anciens traités d’alchimie (Pauvert, Paris 1975). La prima ed ottima traduzione italiana di questo testo è ad opera di Sabina e Rosario Piccolini in Il libro di Alchimia (MEB, Padova 1987), poi inclusa in Il Filo di Arianna – 44 trattati di alchimia dall’antichità al XVIII secolo, vol. III, pp. 293 e sgg. (Mimesis, Milano 2001). L’edizione di Canseliet è invece il testo di riferimento della recente edizione italiana di Anna Maria Partini in Il segreto della Rugiada Celeste (Roma, 2009). Un’altra traduzione italiana era anche apparsa qualche anno fa su alcuni siti web a firma di Giulio Vada.
Ritornando all’ermeneutica alchemica del portale di Notre-Dame proposta da Esprit, dobbiamo subito rilevarne la grande fortuna. Che si tratti di critici o sostenitori, l’ermeneutica proposta da Esprit non cessa di avere attenti lettori. Così, nel 1777, G. F. Poullain de Saint-Foix, nei suoi Essais Historiques sur Paris et sur les Français, un’opera ristampata anche nel secolo successivo, pur prendendosene gioco e riaffermando la chiave interpretativa del simbolismo cattolico come la sola realmente applicabile, riassume per oltre due pagine le teorie degli Enigmes di Montluisant (5). Dal testo di Saint-Fox la fama di Esprit, durante il XIX secolo, si riflette su di una quantità di libri e di articoli di riviste riguardanti la storia di Parigi e dei suoi monumenti. Debitore di Esprit è, evidentemente, il trattato di François Cambriel, che esce nel 1843 (6), ma già nel 1832, nella versione definitiva di Notre-Dame de Paris, Victor Hugo, per bocca del tormentato alchimista della cattedrale, Claude Frollo, aveva esposto l’idea base dell’interpretazione alchemica dell’architettura delle cattedrali, ispirandosi probabilmente proprio allo scritto di Esprit (7). Una appendice annessa al romanzo a partire da questa edizione specifica ulteriormente il senso alchemico e simbolico dell’architettura gotica. Si comprende quanto la diffusione dell’opera di Hugo possa aver contribuito a rendere popolare l’idea del simbolismo alchemico della grande cattedrale di Parigi, ed è per questo che Didron, che deve occuparsi della descrizione dell’architettura di Notre-Dame, pubblica, nel 1861, come abbiamo già accennato, la trascrizione del trattato di Esprit, preoccupandosi di screditarne il valore ed il metodo. Tuttavia l’idea continua a circolare – nel 1902, ad esempio, è Huysmans a citare Esprit nel suo De tout (8) – e, tre anni dopo, nel bimestrale ad alta tiratura Le Tour de France, lo stesso Huysmans dedica un intero e bellissimo articolo al simbolismo occulto di Notre-Dame (9). Quello del simbolismo architettonico delle cattedrali è dunque un argomento “caldo”, già noto e dibattuto, sicuramente affascinante, quando, nel 1926 esce Le Mystère des Cathédrales, sicuramente ispirato ad Esprit (10). Tre anni dopo, nel 1929, esce la prima edizione di Les Demeures Philosophales, consacrando definitivamente un modo di leggere l’architettura sacra che ha avuto poi innumerevoli epigoni, non sempre sufficientemente attenti e colti, che hanno talvolta contribuito a creare un’ipertrofia ermeneutica non sempre coerente e ben fondata.
Ma quali sono le fonti dello scritto di Esprit? È il pio de Montluisant ad inaugurare la tradizione dell’ermeneutica alchemica delle cattedrali, o raccoglie una tradizione preesistente? È sicuramente questa l’opzione più probabile.
Il vescovo Guglielmo d’Auvergne (o Guglielmo di Parigi), sotto la cui reggenza sorgeva Notre-Dame, non era scevro, infatti, dal godere una certa considerazione di esperto in alchimia. Nonostante fosse, come si evince dai suoi scritti, fiero oppositore delle scienze divinatorie e superstiziose (11), nei suoi scritti non erano rari i riferimenti ad Ermete Trismegisto, e tanto poteva bastare per creare una fama che si rifletté in uno dei testi di alchimia di più larga diffusione del XV secolo, universalmente noto, tradotto e citato: il Livre de la philosophie des métaux di Bernardo Trevisano. Ecco la citazione in cui si nomina il sapiente vescovo di Parigi:
«Voglio ancora provare ciò attraverso quanto dice Guglielmo Parisiense, un grandissimo sapiente, che fu saggio in questa scienza e ne trattò a proposito: nella creazione del bambino, vi è anzitutto, nel vaso materno, commistione di due spermi differenti per qualità, l’uno freddo e umido e l’altro caldo e secco; ed il calore della madre, digerendo e mescolando le virtù dei due spermi ed aumentando la loro virtù per l’umidità sanguigna, la quale è della sostanza di cui è fatto lo sperma femminile, aumenta e vivifica la virtù attiva dello sperma maschile e lo nutre fino a quando non si sia completamente formata, senza diminuzione o ingresso di superfluità, una sostanza intermedia che è di una natura mista tra i due. E, come Guglielmo dice espressamente: la natura crea gli spermi, e non l’arte, poiché questa non saprebbe farlo, ma in seguito è l’arte che li mette nel ventre materno, ed è ancora l’arte che aiuta la natura a mescolarli, a tenerli fermi e caldi, nutrendoli con cose buone e di facile digestione. Ma l’arte non fa che aiutare la natura in lavori già stabiliti dalla natura stessa. Ed in seguito, continua: così è pure nella nostra opera. L’arte non saprebbe creare gli spermi da sola, ma, quando la natura li ha creati, allora l’arte, con la natura spermatica che è insita alle materie spermatiche già create, li congiunge come ministro della natura. Perché è chiaro che l’arte non mette nulla né in forma, né in virtù, né in materia, ma aiuta solo a realizzarsi ciò che già è, aiutando la natura e rimanendo con essa.
Dalle parole di questo grande personaggio, che è il capo delle scuole di Parigi, appare chiaramente che la natura crea le materie, e non certo l’arte; ma, una volta create, l’arte le porta a stare e a congiungersi con la virtù naturale che è la causa principale, mentre l’arte è causa seconda» (12).
François Béroalde de Verville (1556-1626), nel suo famosissimo Le Moyen de parvenir (1617) non manca di citare il «Fu Guglielmo di Parigi, che ai portali di Notre-Dame ha messo le figure chimiche per fare le proiezioni e divenire saggi…» (13).
E, dunque, Esprit ha tutte le ragioni quando dice:
«Non ho letto nelle carte antiche di Parigi, né di questa cattedrale, per conoscere il nome di colui che è stato il fondatore di questo portale meraviglioso, ma io credo nondimeno che colui che ha fornito questi enigmi ermetici, questi simboli e geroglifici mistici della nostra religione sia stato quel grande, dotto e pio personaggio, Guglielmo, vescovo di Parigi, la cui profonda scienza è sempre stata ammirata con ragione dai più sapienti filosofi ermetici dell’antichità; poiché è certo che questo vescovo ha fatto e perfezionato il magistero dei saggi…».
E, dunque, ecco trovata, pochi decenni prima della data di apparizione del testo di Esprit, una precisa traccia della tradizione che legava il Vescovo presunto alchimista alla simbologia alchemica della cattedrale. Indubbiamente uno studio più approfondito potrebbe rivelare nuove ed interessanti ulteriori tracce riguardanti l’origine della tradizione dell’interpretazione alchemica della cattedrale di Notre-Dame, ma, per il momento, basti, attraverso queste testimonianze di Bernardo Trevisano e di Beroaldo da Verville, sapere con certezza che sia la fama di alchimista del Vescovo Guglielmo, costruttore di Notre-Dame, sia quella del valore alchemico degli ornati architettonici della cattedrale, erano all’epoca di Esprit ben note e diffuse.
Del resto nei Trois Traitez de Philosophie Naturelle, non encore emprimez (Paris 1612) pubblicati ventotto anni prima dell’operetta di Esprit, era stato pubblicato Les Figures hierogliphiques de Nicolas Flamel ainsi qu’il les a mise en la quatriesme arche qu’il a bastie au Cimitiere des Innocents à Paris, entrant par la grande porte de la rüe S. Denys, et prenant la main droite, avec l’esplication d’icelles par iceluy Flamel. Vi era dunque già un esempio, peraltro autorevole, dalla stessa penna del famoso Flamel, del metodo ermeneutico proposto da Esprit.
La nostra traduzione segue il testo contenuto nel quarto volume della seconda edizione della Bibliothèque des Philosophes Chimiques (Cailleau, Paris 1754, pp. 207 e sgg.), eliminando la lunga e noiosa Preface Parabolique e L’Instruction préliminaire trés-curieuse anteposti a quest’edizione.
© Massimo Marra – tutti i diritti riservati – riproduzione e diffusione vietata per qualsiasi fine e con qualsiasi mezzo.
NOTE:
(1) Parpaillot era il nome, di tono scherzoso, attribuito ai calvinisti [n.d.t.].
(2) La famille de Montluisant – recherches historiques & genealogiques par le Géneral de Montluisant, F. Ducloz, Moutiers-Tarentaise 1891, pp. 14 – 18. Il generale di artiglieria de Montluisant, di stanza a Marsanne, morto nel 1898, era uno dei membri titolari della Société Archéologique d’Eure-et-Loir.
(3) Ferguson (Bibliotheca Chemica, James MacLehose Glasgow 1906, vol.I , pp. 338-341) attribuisce la Cassette al Grasseus (Grasshoff).
(4) Metz – Documents Généalogiques, armée, noblesse, magistrature, haute bourgeoisie, d’après les registres des paroisses, 1561-1792, par l’Abbé F.-J. Poirier, Lamulle & Poisson, Paris 1899, p.276.
(5) Abbiamo consultato l’edizione del 1891 (Paris, librairie Delagrave). Il riassunto dello scritto di Esprit Gobineau de Montluisant occupa le pagine 136-138.
(6) Cours de Philosophie Hermetique ou d’alchimie en dix-neuf leçons. Il secondo capitolo del trattato di Cambriel è proprio dedicato alla spiegazione delle figure del portone della cattedrale di Notre-Dame.
(7) Ci siamo già soffermati sull’atmosfera creata intorno all’ermeneutica alchemica del simbolismo delle cattedrali, ed in particolar modo sulle idee alchemiche espresse da Victor Hugo, nel capitolo dedicato all’affaire Fulcanelli ed alle sue relazioni con R. A. Schwaller de Lubicz del nostro R. A. Schwaller de Lubicz: la politica, l’esoterismo, l’egittologia (Mimesis, Milano 2008), pp. 245 – 250.
(8) J.-K. Huysmans, De Tout, Stock, Paris 1902, pp. 77-78, nel capitolo Le quartier Notre-Dame:
«…ma se, dal punto di vista artistico questa cattedrale non è che un’opera di secondo ordine, per altri motivi non è meno interessante; essa differisce dalle sue sorelle perché è più misteriosa, più sapiente e meno pura, non è altrettanto fedele a Dio delle altre, perché racchiude dei segreti interdetti, innesta sul simbolismo cristiano le formule della kabbala, ed è nel contempo cattolica ed occulta. Così le tre porte della sua facciata principale che sono designate dagli archeologi sotto il nome di “porta del giudizio”, “porta della Vergine” e “porta di S. Anna e di S. Marcello” allegorizzano, secondo certi occultisti, la Mistica, l’Astrologia e L’Alchimia, queste tre scienze in gran onore nel Medio Evo; e quest’ultima, aperta sull’architrave da cui San Marcello, nono vescovo di Parigi, si innalza, schiacciando sotto i piedi un dragone che scappa dalla bara di una donna adultera, contiene, con le sue figure geroglifiche, la ricetta della Grande Opera, la ricetta della Pietra Filosofale.
Si troverà in un trattato di Gobineau de Montluisant, uno degli ermetisti del XVII secolo, la descrizione segreta di questa porta che, con la torre Saint-Jacques e qualche vetro della Sainte-Chapelle, costituisce l’ultimo testo lapidario delle leggende spagiriche di un tempo…».
(9) J.-K. Huysmans, La Symbolique de Notre-Dame de Paris, in Le Tour de France – Album et guide du Touriste, n° 14 del 15 Aprile 1905, pp. 329-333.
(10) «[…] Dopo Gobineau de Montluisant, Cambriel e “tutti quanti” gli altri, anche noi intraprendiamo il pio pellegrinaggio, per parlare alle pietre e interrogarle… » (Fulcanelli, Il mistero delle Cattedrali, dalla trad. it. di Ferruccio Ledvinka, ed. Mediterranee, Roma 1972, p. 45).
(11) Del rapporto da Gullaume d’Auvergne e le scienze occulte si occupa a più riprese Noël Valois nel suo Guillaume d’Auvergne, évêque de Paris, Picard, Paris 1880.
(12) Traduciamo dal testo francese inserito nella Bibliothèque des Philosophes Chimiques, seconda edizione, Cailleau 1740, tome II, pp. 362-363. .
(13) Cit. anche in N. Valois, Guillaume d’Auvergne cit. p. 328.
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Esprit Gobineau de Montluisant
SPIEGAZIONE CURIOSISSIMA DEGLI ENIGMI E FIGURE GEROGLIFICHE FISICHE CHE SONO SUL GRAN PORTALE DELLA CHIESA CATTEDRALE E METROPOLITANA DI NOTRE-DAME DI PARIGI.
Traduzione di Massimo Marra © – tutti i diritti riservati, riproduzione e diffusione vietata per qualsiasi fine e con qualsiasi mezzo.
Il mercoledì 20 maggio 1640, vigilia della gloriosa ascensione del nostro Salvatore Gesù Cristo, dopo aver pregato Dio e la sua Santissima Vergine Madre nella chiesa cattedrale metropolitana di Notre-Dame di Parigi, uscii da questa bella e grande chiesa e, considerando attentamente il suo ricco e magnifico portale, di così squisita struttura, dal fondamento fino alla sommità delle sue due alte e mirabili torri, feci le annotazione che vado a spiegare.
Comincio con l’osservare che questo portale è triplice, per formare tre entrate principali in questo superbo tempio, in un solo corpo di costruzione, ed annunciare la Trinità delle persone in un sol Dio, sotto il quale, per operazione dello Spirito Santo, il suo Verbo si è incarnato per la salute del mondo nei fianchi della Vergine santa; simbolo dei tre principi celesti nell’unità, che sono le tre chiavi principali che aprono i principi e tutte le porte, i viali e le entrate della natura sublunare, vale a dire della linfa universale e di tutti i corpi che essa forma e produce, conserva o rigenera.
1. La figura posta al primo cerchio del portale, di fronte all’Hôtel-Dieux (1), rappresenta alla sommità Dio padre, creatore dell’universo, che stende le sue braccia e tiene, in ciascuna delle sue mani, un figura d’uomo in forma d’angelo.
Ciò vuol rappresentare che Dio onnipotente, al momento della creazione di tutte le cose, che egli fece dal niente separando la luce dalle tenebre, plasmò queste nobili creature che i saggi chiamano anima cattolica, spirito universale o zolfo vitale incombustibile e mercurio di vita, cioè l’umido radicale generale, i cui due principi sono rappresentati da questi due angeli.
Dio Padre li tiene nelle sue due mani, per distinguere lo zolfo vitale o olio di vita, che si chiama anima, ed il mercurio di vita o umido primigenio, che si chiama spirito, benché questi siano termini sinonimi, ma solo per far comprendere che quest’anima e questo spirito traggono il loro principio e la loro origine dal mondo celeste ed archetipo, dove si trova il seggio e trono pieno di gloria dell’Altissimo; da questo egli emana soprannaturalmente ed impercettibilmente per comunicarsi, come prima radice, prima anima movente e fonte di vita di tutti gli esseri in generale e di tutte le creature sublunari, di cui l’uomo è il prediletto.
2. Nel cerchio sotto il mondo sovraceleste ed archetipo c’è il cielo firmamentale o astrale, nel quale appaiono due angeli col capo reclinato, ma coperto ed avviluppato.
L’inclinazione di questi due angeli, con la testa in basso, ci dà ad intendere che l’anima universale o spirito cattolico, o, per meglio dire, il soffio della virtù di Dio, cioè le influenze spirituali del cielo archetipo, discendono da lui al cielo astrale, che è il secondo mondo, ugualmente celeste, detto etypico; qui abitano e regnano i pianeti e le stelle che hanno il loro corso, forza e virtù, per il compimento del loro dovere e del loro destino, secondo il decreto della Provvidenza, che li ha così ordinati e subordinati al fine di operare, per mezzo del loro ministero e della loro influenza, la nascita e la generazione di tutti gli esseri spirituali e di tutte le cose sublunari partecipanti dello spirito ed anima universali; attraverso i due angeli, con la testa in basso e vestiti, ci è indicato che la semenza universale e spirituale cattolica non sale affatto, ma discende sempre. E l’inviluppo di cui essa si vela nei corpi, ci insegna che questa semenza celeste è coperta, che non si mostra nuda ma si nasconde con cura agli occhi degli ignoranti e dei sofisti, senza essere conosciuta dal volgo.
3. Al di sopra del firmamento c’è il terzo cielo o elemento dell’aria, nel quale appaiono tre bambini circondati da nubi. Questi tre bambini significano i tre primi principi di tutte le cose, che i saggi chiamano principi principianti, da cui traggono la loro origine i tre principi inferiori, sale zolfo e mercurio, che si chiamano principi principiati per distinguerli dai primi, benché tutti loro discendano insieme dal cielo archetipico e partano dalle mani di Dio, che della sua fecondità riempie tutta la natura. Ma tutte le influenze spirituali e celesti, prima che si uniscano ad alcun corpo sensibile, sembrano essere emanate dai due primi cieli, il che fa si che ogni emanazione spirituale del primo cielo o dell’archetipo sia chiamata anima, e quella del secondo cielo o firmamento sia invece denominata spirito.
Ci sono dunque quest’anima e questo spirito, invisibili e puramente spirituali, che riempiono delle loro virtù attive e viventi il terzo cielo, chiamato elementare o cielo tipico perché è il soggiorno degli elementi; questi, ordinati e subordinati dai due mondi superiori, agiscono a loro volta, per commozione e movimento discendente, ascendente, progredente e circolare, su tutti gli esseri inferiori e su tutte le creature sublunari composte delle loro qualità miste, che si chiamano i quattro temperamenti.
Ora, quest’anima emanata nel mondo elementare, che riempie della sua luce vivificante, è chiamata zolfo, e lo spirito emanato dal mondo o cielo firmamentale, che è in principio l’umidità radicale di tutte le cose, al quale questo zolfo, o calore luminoso, è attaccato ed aderente come al suo primo ed ultimo alimento, è chiamato mercurio o umido primigenio; esso è l’umido radicale di ogni cosa, ed è, di conseguenza, indivisibile dallo zolfo o anima eterea il quale, essendo un fuoco celeste luminoso e caldo, non può a sua volta sussistere senza l’intima ed indissolubile unione con questo spirito, suo umido radicale. Ma ciò è al di sopra della portata degli sciocchi.
Quest’anima e questo spirito, uniti come una sola e medesima essenza, partendo dallo stesso principio e non facendo, per così dire, che una medesima cosa, poiché non sono divisibili che attraverso lo spirito, non possono essere visti né toccati, ma solamente concepiti e compresi dai saggi investigatori della scienza di Dio e della natura. Quest’anima e questo spirito non ci divengono sensibili che attraverso il legame indivisibile che collega l’una all’altro. Questo legame, che si chiama sale, è l’effetto della loro unione e mutuo amore, ed è un corpo spirituale che ce li nasconde e li avviluppa nel suo seno, come facendo di tre una sola ed medesima cosa. Il che, la gente impastata di pregiudizi, non intenderà e comprenderà mai.
Questo sale è quello della sapienza, vale a dire la copula ed il legame del fuoco e dell’acqua, del caldo e dell’umido in perfetta omogeneità, ed è il terzo principio. Esso non si rende visibile né tangibile nell’aria che respiriamo, in cui è sottile e fluido, e non manifesta il suo corpo visibile che attraverso il suo soggiorno e residuo deposto nei misti e composti di elementi, che fissa ed congela (2), mescolandosi intimamente allo zolfo, mercurio e sale, che sono dei principi naturali a lui fortemente analoghi e costituenti delle creature sublunari.
Il sale celeste è il principio principiante, che procede dall’anima e dallo spirito, vale a dire dalla loro azione, o, per meglio dire, dallo zolfo e dal mercurio eterei. Esso è il mezzo ed il mediatore che li unisce nella loro azione, per tradursi in fluido nello zolfo, mercurio e sale di natura, con un corpo visibile e tangibile, chiamato dai saggi con ogni sorta di nomi: sale alkali, sale armoniaco, salnitro dei filosofi e, a volte, con mille altri soprannomi simbolici, con riguardo o alla sua origine, o alla sua discesa oppure alla sua essenza corporale, per provare che, essendo esso l’anima, lo spirito ed il corpo universale della natura, è suscettibile di ogni sorta di determinazioni che alla natura o all’artista piacerà dargli secondo l’arte e la saggezza.
Ma non bisogna perdere di vista che è dal mondo sovraceleste che la sorgente della vita di ogni cosa trae la sua origine, e che questa vita è chiamata anima o zolfo; che dal mondo celeste o firmamentale procede la luce che si chiama spirito, o altrimenti umido o mercurio; che quest’anima e questo spirito riempiono della loro fecondità vivificante il terzo mondo, chiamato elementare, e che la loro azione energica ed elastica, perpetuamente circolare vi porta e produce il fuoco tutto divino ed analogico di calore ed umido radicale, ma in modo impercettibile ed invisibile, non volgare né grossolano. Attraverso di lui, in quanto fuoco di vita per essenza nutriente, riparatore, conservatore e non distruttore, le cose divengono palpabili e di solidità corporale. Da ciò bisogna concludere che queste tre sostanze celesti, zolfo, mercurio e sale universale, sono i veri principi principianti della generazione di ogni cosa, e che queste tre sostanze naturali e sublunari nelle quali si infondono e corporificano le prime tre, sono gli autentici principi principiati, costituenti della generazione dei corpi attraverso il congelamento e la fissazione che essi fanno delle qualità elementari proprie alla temperatura degli individui, secondo i decreti della provvidenza.
È questo che ha fatto dire ai saggi che il sale spirituale che serve da rivestimento e legame allo zolfo ed al mercurio celesti, era la sola ed unica materia da cui si fa la pietra dei filosofi e che, siccome queste tre sostanze, identificate dalla loro unione, non ne costituivano che una sola, la pietra non era affatto di molteplici cose, ma di una sola cosa composta, trina in essenza, unica in principio e quadrangolare per le quattro qualità elementate. Ciò nonostante, da un certo punto di vista, ciò si deve intendere che tali cose possono cadere nello stesso tempo sia sotto l’intelligenza dello spirito che di quella dei sensi, vale a dire che non bisogna immaginare che la materia della pietra triangolare e quadrangolare dei saggi si debba né possa prendere nel suo stato di fluido aereo ed invisibile, ma piuttosto intendere che è necessario cercare e trovare questa stessa materia di fluido aereo, infusa e corporificata nella terra vergine dei bambini della natura, che ne sono i meglio forniti, i più altamente e copiosamente favoriti e nei quali i primi e secondi agenti hanno più dignità, eccellenza e virtù. Perché la radice dello zolfo dei saggi, del loro mercurio e del loro sale, è uno spirito celeste, spirituale e soprannaturale, che, attraverso il veicolo dell’aria sottile, si trasporta e si condensa in aria o vapore ispessito, e costituisce la materia universale ed unica di tutte le procreazioni.
4. Al di sotto di questi tre bambini, collocato nell’elemento dell’aria, ci sono i globi dell’acqua e della terra, sui quali pascolano degli animali, come un montone, un toro etc..
I globi dell’acqua e della terra designano gli elementi inferiori come l’acqua e la terra, nei quali il fuoco celeste ed il sottilissimo umido radicale, per mezzo dell’aria, si insinuano fino alle profondità e, per loro virtù, vi circolano incessantemente, sotto la forma invisibile di uno spirito sovraceleste di vita, il quale, secondo David (Salmi, XVIII, 6, 7, 8,) ha il suo tabernacolo nel sole; da quest’ultimo, per sua energica virtù, come uno sposo che si alza dal suo letto nuziale, esso si lancia per percorrere la via degli elementi, come un superbo gigante che misura il suo slancio e le sue forze nella vasta distesa dell’aria. La sua uscita è dal più profondo dei cieli. Da lì, esso procede, penetra ovunque e non lascia nulla privo del calore della sua presenza vivificante, secondo l’espressione stessa di Salomone nel suo Ecclesiaste (I, 5, 6). È questo stesso spirito divino che rischiara l’immensità dell’universo, che, spingendosi e respingendosi per virtù energetica ed elastica circolarmente, dal centro alla periferia, nell’estensione del tutto, ritorna senza cessa e perpetuamente nei cerchi che descrive col suo movimento ed suo corso eterno ed universale.
È così che questo spirito universale, per mezzo del fuoco e dell’umido, nutre i pesci nell’acqua, gli animali sulla terra, gli insetti nella terra, fa vegetare le piante e produce i minerali e i metalli al centro e nelle viscere della terra. Perché la sua influenza circolante, come fuoco vitale unito all’umido radicale attraverso il sale di sapienza, è il seme universale che si congela, ed il cui vapore si condensa al centro di tutte le cose. Questo seme naturale opera nelle differenti matrici secondo la loro disposizione, natura, genere, specie e forma particolare, per produrre tutte le generazioni, immettendovi movimento e vita.
Quanto ai due animali pascolanti, il montone e il toro, sono per dirci che al ritorno della primavera e nei due suoi primi mesi, che sono marzo ed aprile, nei quali questi due animali dominano in qualità di segni dello zodiaco, la materia universale, creativa e ricreativa, essendo più innamorata della virtù celeste che gli infonde copiosamente le sue proprietà vitali, è più abbondante, virtuosa ed esaltata, e, di conseguenza, più qualificata che in altri tempi.
5. Al di sotto di questi due animali, si vede un corpo come addormentato e steso sulla schiena, sul quale discendono dall’aria due ampolle, col collo volto in basso, l’una indirizzata al cervello, e l’altra verso il cuore di quest’uomo addormentato.
Questo corpo così raffigurato, non è altro che il sale radicale e seminale di ogni cosa, il quale, per sua virtù magnetica, attira a sé l’anima e lo spirito cattolici che gli sono omogenei e che continuamente si insinuano e corporificano nel sale, il che è rappresentato dalle due ampolle o fiale, contenenti il calore e l’umidità naturale e radicale. E questo sale, avendo così attirato e corporificato in sé queste due sostanze, ed avendo acquisito attraverso la loro unione spirituale un prodigioso grado di forza, si spinge e penetra nel punto centrale degli individui e, da sale universale che era, esso si particolarizza, si corporifica, si determina e diviene rosa nel roseto, oro nell’argento vivo minerale, oro nell’oro, pianta nel vegetale, rugiada nella rugiada, uomo nell’uomo; in questo il cervello rappresenta l’umido radicale lunare ed il cuore significa il calore naturale solare, veicolato dal primo, come sua matrice.
6. Al lato destro degli stessi tre bambini, un po’ più in basso dell’aria, c’è una scala sulla quale sale in ginocchi un uomo, con le mani giunte e sollevate all’aria, dal quale elemento discende un’ampolla o fiala; al di sopra della scala c’è una tavola coperta da un tappeto, con sopra una coppa.
La scala ci insegna che bisogna elevarsi a Dio, pregarlo in ginocchio, di cuore, spirito ed anima, per avere questo dono che è il magistero dei saggi, veramente un gran dono di Dio, una grazia singolare della sua bontà, e che non bisogna essere in luoghi bassi per prendere la materia prima universale che contiene la forma vegetale e generale del mondo. L’ampolla che discende dall’aria significa il liquore, o rugiada celeste, che scaturisce all’inizio dall’influenza sovraceleste, si mescola in seguito con le proprietà degli astri e, da questa mescolanza, forma come un terzo elemento tra quello terrestre e quello celeste. Ecco come si forma il seme e principio di ogni cosa.
La coppa che è sul tavolo rappresenta il vaso con il quale si deve ricevere il liquore celeste.
7. Al lato sinistro della stessa porta di questo grande portale ci sono quattro grandi figure di grandezza umana, che recano ciascuna un simbolo sui loro piedi.
La prima, la più vicina alla porta, ha sui piedi un dragone volante che divora la sua coda.
La seconda ha sui piedi un leone, la cui testa è girata verso il cielo, il che gli fa compiere uno sforzo di contorsione del collo.
La terza ha sotto i suoi piedi la figura di un buffone che se la ride e si prende gioco delle figure che guarda e che sembrano presentarsi a lui.
La quarta ha ai suoi piedi un cane ed una cagna che si mordono tra loro vigorosamente, e sembrano volersi divorare l’un l’altro.
Con il dragone volante che divora la sua stessa coda è rappresentata la pietra dei filosofi, composta da due sostanze, o mercuri, d’una medesima radice ed estratte d’una stessa materia; una di esse è lo spirito etereo, umido e volate, e l’altra è lo zolfo o sale di natura corporale, secca e fissa, il quale per sua natura e siccità interna, divora la sua viscida coda da dragone, vale a dire che dissecca l’umidità e la converte in pietra, aiutata dal fuoco costante nella concavità dello spirito etereo umido, sede dell’anima cattolica.
Il leone curvato che guarda verso il cielo denota il corpo, o sale, animato, che desidera riprendere con avidità la sua anima ed il suo spirito.
La figura del buffone rappresenta i falsi filosofi e sofisti ignoranti, che si divertono a lavorare su materie eterogenee e non trovano nulla di buono, prendendosi gioco della scienza ermetica e dicendo che non è vera ma puramente illusoria; con ciò essi offendono la verità divina che nel soggetto ha riposto i suoi più ricchi tesori.
Il cane e la cagna che si divorano tra loro, che i saggi chiamano cane d’Armenia e cane di Corascene, non significano altro che il combattimento delle due sostanze, d’una sola radice, della pietra. Perché l’umido, agendo contro il secco, si scioglie, ed in seguito, il secco, agendo contro l’umido, che prima lo aveva divorato, lo inghiotte e riduce in acqua secca. Ciò si chiama dissoluzione dei corpi e congelamento dello spirito, il che è tutto il lavoro dell’opera ermetica.
8. Al di sotto di queste grandi figure, in un pilastro vicino al portale, vi è la figura di un vescovo carico della sua mitria e della sua croce, in posa meditativa.
Questo vescovo rappresenta Gulliemus Parisiensis, ossia colui che ha fatto costruire questo magnifico portale e che vi ha fatto mettere gli enigmi.
9. Al pilastro che è nel mezzo e che separa le due porte di questo portale c’è ancora la figura di un vescovo, il quale mette la sua croce nella gola di un dragone che è sotto i suoi piedi e che sembra uscire da un bagno ondeggiante, tra le cui onde appare la testa di un re dalla tripla corona, che sembra annegare nelle onde e poi uscirne daccapo.
Questo vescovo rappresenta il saggio artista chimico, il quale, attraverso la sua arte, fa congelare la sostanza volatile del dragone mercuriale che vuol spiccare il volo ed uscire dal vaso che lo contiene sotto la forma di acqua ondeggiante, vale a dire che esso è eccitato a questo movimento interno da un dolce calore esterno. E questo re coronato è lo zolfo di natura, che è fatto dall’unione fisica ed eccentrica delle tre sostanze, omogenee ma separate dall’artista, della prima materia cattolica; tali tre sostanze sono lo spirito etereo mercuriale, il sale solforoso o nitroso, ed il sale alkali o fisso, che conserva il suo nome di sale tra i tre principi principianti ed i tre principi principiati; questi, tutti e tre, erano contenuti nel chaos umido nel quale questo re sta annegando e sembra domandare un soccorso che non ottiene, dall’artista alchemico, che dopo essersi disciolto nel dissolvente della sua propria sostanza, che gli è simile; dopo ciò, ovvero dopo che sarà inghiottito e fatto acqua dalla sua acqua, egli avrà meritato soddisfazione alla sua domanda, e si congelerà per mezzo del suo calore interno, eccitato dal suo sale o dalla sua propria terra; con questa operazione semplice, naturale e senza mescolanza, si compie il magistero dei saggi, che non è altro che disciogliere il corpo e congelare lo spirito, dopo aver messo nell’uovo cristallino il conveniente peso dell’una e dell’altra sostanza, entrambe triple e singole. Perché tutto il lavoro dell’opera è salire e successivamente discendere, il che si chiama ascensione e discensione (3), fino a che, delle quattro qualità elementari contrarie, omogeneizzate, si facciano tre principi costitutivi ed ordinatori; che, dai tre, si facciano apparire il fuoco e l’acqua, il secco e l’umido; che, da questi due, se ne faccia uno solo perfetto, pietrificato in sale, che contenga tutto, il cielo e la terra, in epurazione e cottura degli eterogenei.
10. Nel portale, sulla destra, si vedono i dodici segni dello zodiaco divisi in due parti, in ordine, secondo la scienza di Dio e della natura. Nella prima parte, al lato destro, ci sono i segni dell’Acquario e dei Pesci, che sono fuori dall’opera, il che va rimarcato e notato.
Poi, nell’opera, ci sono l’Ariete, il Toro e i Gemelli, l’uno sopra l’altro.
Al di sopra dei gemelli c’è il segno del Leone, benché non sia il suo posto, poiché vi dovrebbe essere il Cancro, ma bisogna considerare ciò come un mistero.
I segni dell’Acquario e dei Pesci sono messi fuori dall’opera per far espressamente comprendere che nei due mesi di gennaio e febbraio non si può avere né raccogliere la materia universale.
Per quanto riguarda l’Ariete ed il Toro, così come i Gemelli, che sono all’interno dell’opera, l’uno al di sopra dell’altro, e che regnano nei mesi di marzo, aprile e maggio, essi insegnano che è in quel tempo che il saggio alchimista deve andare incontro alla materia e raccoglierla nell’istante in cui essa discende dal cielo e dal fluido aereo, dove non fa che baciare le labbra dei misti e passare sopra il ventre dei germogli e delle foglie vegetali che gli sono soggette. Per entrare trionfante, sotto i suoi tre principi universali, nei corpi, attraverso le loro porte dorate, e divenirvi seme della rosa celeste; il che si intenda simbolicamente.
Allora il suo amore gli fa sgorgare delle lacrime, che non sono altro che luce, di cui il sole è il padre, rivestito d’una umidità della quale è madre la luna, e che il vento d’oriente porta nel ventre. In questo stato, avrete la vostra materia allo stato universale e non determinato, tanto più che l’avrete presa prima che fosse attirata dai magneti degli individui specificati nei quali poi si specifica.
Al riguardo del segno del Leone, che è posto al di sopra dei Gemelli, al suo posto vi dovrebbe essere messo il Cancro; la sua presenza fa intendere che, nel lavoro manuale e fisico della pietra, vi è un qualche cambiamento ed alterazione delle stagioni e che non è appropriato ricevere e prendere la materia che nel tempo in cui regnano l’Ariete, il Toro ed i Gemelli. Perché in estate, durante i grandi calori, per l’ardore e la magnificenza del sole che, per la sua sostanza ed il suo mantenimento e nutrimento, esaurisce molto umido radicale, si ha una gran perdita e dissipazione degli spiriti, e la maggior parte della materia che accresce e nutre i corpi e convertita in spiritualità aerea; dunque, essa non si può ritirare che per mezzo del magnete fisico e filosofico che gli è omogeneo, vale a dire per mezzo di una temperatura condita di umidità, che è il suo magnete ed involucro.
11. In basso, un po’ al di sopra dell’Acquario e di fronte ai Pesci, si vede un dragone volante che sembra guardare unicamente e fissamente Aries, Taurus et Gemini, vale a dire i tre segni della primavera, che sono L’Ariete, il Toro ed i Gemelli.
Questo dragone volante, che rappresenta lo spirito universale e che guarda fissamente i tre segni, sembra affermarci che questi tre mesi sono i soli nel corso dei quali si può raccogliere fruttuosamente questa materia celeste, che si chiama luce di vita, la quale si estrae dai raggi del sole e della luna, per cooperazione della natura, con mezzo ammirevole ed arte industriosa, ma semplice e naturale.
12. Vicino e dietro questo dragone volante è raffigurato un buffone, e dietro questo buffone un cane coricato sulla schiena, sul quale è posato un uccello.
Questo buffone è un canzonatore della scienza ermetica, uno sprezzante derisore delle operazioni dei veri saggi e filosofi, e di tutti i loro partigiani, che egli ritiene insensati; egli è accecato dall’errore del volgo.
La figura di questo cane coricato sul dorso, su quale c’è un uccello, ci fa intendere che questo cane sia il corpo o sole della materia universale, fedele all’artista che la sa lavorare, mentre l’uccello che vi è posato sopra rappresenta lo spirito della stessa materia. Questa materia è comunemente conosciuta sotto i nomi di zolfo e di mercurio, e vi è compreso il sale come terzo, copula o legame indivisibile dai due che sono il corpo e lo spirito.
13. Nella seconda parte di questo portale, al lato sinistro ed in alto, c’è il segno del Cancro al posto del Leone, che è dall’altro alto del medesimo portale.
Sulla stessa linea del Cancro ci sono la Vergine, la Bilancia e lo Scorpione, tutti e quattro nell’opera. In seguito il Sagittario ed il Capricorno, fuori dall’opera. Col Cancro così piazzato in alto, si testimonia che la materia lunare è stata abbondante, ma che l’abbondanza non è più così grande perché le Pleiadi, che sono delle costellazioni umide, se ne vanno via.
La Vergine, la Bilancia e lo Scorpione sono gli ultimi gradi di calore per la cottura dell’opera filosofica. Perché, in questi tempi autunnali, la maturità dei frutti si perfeziona attraverso il Sagittario e lo Scorpione, che sono fuori dall’opera; ciò dimostra la loro frigidità e siccità, e che queste qualità, concepite dallo spirito intelligente, sono nondimeno esternamente invisibili nella materia del nostro magistero
14. A destra ed a sinistra di questi dodici segni dello zodiaco, che rappresentano il corso dell’anno, ci sono quattro figure che rappresentano le quattro stagioni, che sono l’inverno, la primavera, l’estate e l’autunno. Con queste quattro stagioni si dà ad intendere che il composto filosofico deve essere tenuto nell’athanor o forno di cottura per un anno e più, il che equivale a dieci mesi filosofici, con un grado di calore che sia, all’inizio, dolce e proporzionato, e poi, verso la fine, un po’ più forte ma, ciò nonostante, lineare, come per far colorire e maturare i frutti che si raccolgono durante tre di queste stagioni, ossia la primavera, l’estate e l’autunno. A mezzo di ciò l’artista acquisisce la medicina al bianco, simbolo della Vergine Madre e pasquale, con la quale egli può fermarsi al circolato citrino ed ottenerne la medicina lunare universale perfetta, oppure continuare senza interruzione il lavoro e spingerla fino al rosso perfetto, al grado di medicina solare, universale e sovrana, perfetta al tempo della sua nascita, tenuta in solenne considerazione dai saggi.
15. Al di sopra di otto grandi figure del medesimo portale, poste in basso, quattro per ciascun lato, sono illustrate le vere operazioni per fare e perfezionare la medicina universale, che il curioso apprendista di questa opera divina potrà decifrare o farsi spiegare, ma mai esporre per iscritto.
PORTALE CENTRALE
16. Sul portale centrale, al lato destro, si vedono sei figure.
La prima è un’aquila. La seconda un caduceo su cui sono attorcigliati due serpenti, la terza una fenice che brucia, la quarta un ariete, la quinta un uomo che tiene un calice nel quale riceve qualcosa dall’aria, e la sesta è una, croce o tratto quadrato, dove da un lato, sulla linea trasversale, si vede una lacrima, e, sulla medesima linea, dall’altro lato, un calice in questo modo:
Queste sei figure non sono, per così dire, che la ripetizione di ciò che è stato già detto tante volte con differenti figure ed in termini diversi, che sono inesauribili pur considerata la pochezza del lavoro e la semplicità della materia, la quale, nondimeno, non si svela che ai veri filosofi e non agli ignoranti sofisti, qualunque ricerca essi facciano, perché la loro intenzione è malvagia ed orgogliosa; infatti questo dono divino non è accordato che ai semplici ed umili di cuore, disprezzati dal resto del mondo, il quale, sventurato ed insensato nel suo accecamento, si nutre solo di favole transitorie.
1 – L’aquila, per esempio, non significa altro che lo spirito universale del mondo, ed è l’uccello di Hermes ed il perpetuo movimento dei saggi.
2 – Il caduceo con i due serpenti attorcigliati insegna che la pietra è composta da due sostanze, benché estratte dalla medesima radice. Queste due sostanze, nondimeno, in apparenza sembrano essere tra loro contrarie, essendo l’una umida e l’altra secca, l’una volatile e l’altra fissa. Tuttavia negli effetti ed in essenza esse sono simili, perché sono due nature che vengono da un medesimo principio, e dunque in realtà non sono che una.
3 – La fenice che si brucia e rinasce dalle sue proprie ceneri, ci insegna che queste due sostanze, che in realtà sono una, dopo essere state messe nell’uovo filosofico e poste nell’athanor, agiscono a lungo e naturalmente l’una contro l’altra, dedicandosi a furiosi combattimenti prima di abbracciarsi ed unirsi, poiché lunga è la guerra prima di ricevere il bacio della pace, ed i flutti del mare filosofale sono lungamente agitati dal flusso e riflusso, prima che la bonaccia e la calma possano succedere ed infine regnare; infatti, i lavori sono assai grandi prima che queste due sostanze si riducano in polvere o zolfo incombustibile, perché ciò non può avvenire che dopo che l’umido mercuriale sia stato consolidato o, piuttosto, disseccato dalla grande attività del caldo e secco interno della sostanza corporale del sale di natura, e che tutto il composto sia divenuto omogeneo.
È dopo questi bruciamenti o calcinazioni filosofiche che, questa polvere, la vera fenice dei saggi, poiché non vi è al mondo altra fenice che questa, essendo daccapo disciolta nel suo latte virginale, ritorna a rinascere da se stessa e dalle sue proprie ceneri, e continua così a rinascere e morire tante volte quante piaccia all’artista ben sperimentato.
4 – L’ariete significa sempre l’inizio della stagione nella quale bisogna prendere la materia, dal momento che in questo tempo di effervescenza, l’umido igneo dello spirito universale comincia a salire dalla terra al cielo ed a discendere dal cielo alla terra ben più copiosamente e con maggior virtù che in tutte le altre stagioni, e ciò soprattutto nelle miniere in cui il sole ha fatto almeno trenta rivoluzioni e non più di trentacinque, ed in cui la natura minerale comincia a retrocedere per tendere alla sua depravazione ed al suo declino.
5 – L’uomo che tiene un calice dal quale riceve qualcosa dall’aria mostra che bisogna sapere cos’è il magnete fatto dall’uomo che ha la potestà di attirare dal cielo, dal sole e dalla luna, per mezzo della sua virtù magnetica, lo spirito cattolico invisibile, rivestito della pura sostanza umida eterea, influenza quintessenziata, per fare di questi due una terza sostanza partecipante individualmente delle due altre; ciascuna di esse contiene in sé indivisibilmente il sale, lo zolfo ed il mercurio universale i quali, tutti e tre, si congelano ed uniscono al centro di tutte le cose.
6 – Quanto alla croce sulle cui linee trasversali, al lato, sono posti una lacrima ed un calice, ci fa intendere non esser altro che la natura elementare, vale a dire i quattro elementi incrociati raffigurati nelle quattro linee della croce. In effetti, è per mezzo dei quattro elementi che le virtù e le energie celesti discendono e si insinuano incessantemente in tutti i corpi visibili e sublunari.
Le due linee, in alto e in basso, rappresentano il fuoco celeste e la terra, e le due altre linee, trasversali, significano l’aria e l’acqua.
La lacrima che significa l’umido dell’aria pieno di fuoco vitale, posta sulla linea dell’aria e dell’acqua, deve essere raccolta nel calice, che significa il recipiente; e ciò non in basse vallate, benché essa sia ovunque, ma in luoghi che si protendono nell’aria, dove essa non sarà attinta in quantità da coloro che non hanno la conoscenza del magnete fisico e filosofico.
7 – Vicino alla porta a destra, ci sono, da un lato, cinque vergini sagge che tendono il loro calice o coppa verso il cielo e ricevono quanto gli è versato dall’alto da una mano che fuoriesce da una nuvola. Al di sotto vi si vedono e notano le varie operazioni alchemiche e filosofiche. Queste cinque vergini rappresentano i veri filosofi ermetici, amici della natura, che, avendo conoscenza dell’unica materia di cui questa si serve per lavorare nella magnesia dei tre regni, animale, minerale e vegetale, ricevono dal cielo questa stessa ed unica materia in appropriati vasi; e, seguendo le operazioni della stessa natura, essi lavorano fisicamente, e, dopo aver fatto il mercurio o dissolvente cattolico, o il sale di natura che contiene il suo zolfo, li uniscono al peso richiesto, li cuociono nell’athanor ed, alla fine, ne fanno l’elixir arabico.
8 – Dall’altro lato del detto portale sinistro si vedono altre cinque vergini, ma folli, dal momento che tengono la loro coppa rovesciata verso terra. Così esse non possono né vogliono ricevere la Lunaria che la natura gli presenta e che è tanto copiosa che, dopo aver largamente soddisfatto l’intero universo, quella rimanente è ancor più di quella utilizzata. Essa si produce in tutto e si distribuisce in ogni tempo ed incessantemente, perché così ha ordinato, ha voluto e vuole l’Altissimo, al quale sia resa gloria immortale ed ineffabile sulla terra e nei cieli.
Con le vergini folli e la coppa rovesciata, sono rappresentate l’infinità quasi incalcolabile di operazioni false dei sofisti, dei chimici, degli ignoranti e disperati, così come degli spietati soffiatori e ciarlatani.
Queste cinque vergini folli significano quei falsi filosofi che non domandano che tormenti (4) sofistici, come rubificazioni, dealbazioni, coobazioni, amalgamazioni etc. che disprezzano la lettura dei buoni autori e che, per questa ragione, non possono conoscere la vera materia, benché sia corretto il dire che essi la portano sempre con sé, dentro di sé, su di sé, intorno a sé, sotto i loro piedi, e che la respirano anche, continuamente. Ma il loro orgoglio troppo presuntuoso gli fa disprezzare la meditazione e la ricerca, ed essi immaginano stupidamente, nelle loro grossolane sofisticazioni e falsi pregiudizi, di poterla trovare senza la conoscenza della bella e pura natura, interprete dei misteri divini.
In effetti, questa materia è così comune e di un prezzo così vile, che il più povero ne ha tanta quanto il ricco, e nondimeno essa è così preziosa che ciascuno ne ha bisogno e no può farne a meno. Perché, senza di essa, non si può essere, vivere ed agire.
Tutto ciò che ho evidenziato, in questo triplice portale, è, in verità, bello ed incantevole, ma sono lettere serrate, enigmi e geroglifici pieni di misteri per gli ignoranti e di cose mistiche per i sapienti; per questi ultimi io ho dato questa spiegazione, che essi, come curiosi, devono esattamente meditare, togliendo i veli che gli celano l’entrata al segreto gabinetto della casta Diana ermetica.
Non ho ricercato nelle carte antiche di Parigi né in quelle di questa cattedrale per conoscere il nome di colui che è stato il fondatore di questo meraviglioso portale, ma credo nondimeno che colui che ha fornito questi enigmi ermetici, questi simboli e geroglifici mistici della nostra religione, sia stato quel gran dotto e pio personaggio di Guglielmo vescovo di Parigi, la cui profonda scienza è sempre stata ammirata, con ragione, dai più sapienti filosofi ermetici dell’antichità, e, particolarmente, dal buon Bernardo conte Trevisano, sapiente adepto, filosofo ermetico, poiché è certo che questo vescovo abbia fatto e perfezionato il magistero dei saggi.
Ora, siccome è piaciuto alla divina provvidenza di farmi la grazia di darmi qualche luce e conoscenza della filosofia fisica ed ermetica, ho talmente lavorato che, dopo un lungo tempo, molte cure, letture dei buoni libri, e dopo aver portato a termine quantità di belle e buone operazioni, ho infine trovato la tripla chiave attraverso la sua stessa essenza, per aprire il santuario dei saggi o, piuttosto della saggia natura. In tal modo posso fedelmente spiegare gli scritti parabolici ed enigmatici dei filosofi antichi e moderni, così come ho spiegato abbastanza chiaramente gli enigmi, parabole e geroglifici di questo triplice portale; ho fatto ciò assai volentieri, per dar contento ai sapienti amatori di quest’arte divina ed eccitare al curiosità di nuovi candidati che aspirino alla conoscenza della scienza naturale ed ermetica, della quale Dio sia lodato ed esaltato per sempre. Così sia.
NOTE:
(1) Era il nome genericamente dato a tutte le strutture ospedaliere ed assistenziali che erano in genere nei pressi ed alle dipendenze delle cattedrali, sotto il controllo del Vescovo. Quello di Parigi, fondato nel VII secolo, nel XII venne demolito dalla sua sede originaria per far posto alla cattedrale di Notre-Dame, e ricostruito a sud del sagrato della nuova cattedrale.
(2) Letteralmente, seguendo il testo originale, inchioda (encloue).
(3) Si fa riferimento ai processi distillatori per Ascensum e per Discensum.
(4) Il testo francese recita hercelets, vocabolo di difficile interpretazione. Accettiamo l’interpretazione di Sabina e Rosario Piccolini, che traducono tormenti in riferimento ad un antico verbo herceler, col significato, appunto, di tormentare.