Henry Carrington Bolton

 

Questo scritto del celebre chimico e storico della chimica Henry Carrington Bolton rappresenta una testimonianza di sicuro interesse. Composto nel 1897, esso rappresenta infatti il punto di vista di uno scienziato sull’ondata di interesse che in quegli anni, in primo luogo ed in maniera più plateale in Francia (luogo che Bolton conosceva bene, per esservi stato per un anno durante i suoi studi universitari), ma anche nel mondo anglosassone (si pensi al fiorire delle fraternità ermetiche nell’area anglosassone proprio negli ultimi decenni del XIX secolo) aveva investito l’alchimia e l’ermetismo.
Carrington Bolton, acuto e competente storico della scienza, rappresenta quindi lo sguardo positivista che scruta stupefatto, in parte forse divertito ma anche e soprattutto preoccupato la renaissance occultiste che proprio in quegli anni esplode, il risorgere delle ideologie alchemiche e delle letture ilozoiste della natura. Negli esperimenti di Tifferau, nelle pubblicazioni della Societé Alchimique de France, nell’università ermetica di Papus, lo scienziato assiste al risorgere di ideologie forse troppo frettolosamente dichiarate morte dalla cultura positivista. Tuttavia, pur senza approfondire le motivazioni sociologiche e culturali di questa ripresa di interesse, Carrington Bolton è uno dei pochi tra i suoi contemporanei a cogliere la specificità principale dell’ideologia magica fin de siècle. Papus, Jollivet-Castelot e gli altri, che Bolton mostra di aver letto con una certa attenzione, fondono e tentano costantemente di raccordare la dottrina alchemica e magica con i metodi e le acquisizioni della scienza positivista. In questo tentativo di armonizzazione domina una visione positivista, e dunque il materiale integralmente recepito delle scienze tradizionali viene reinterpretato in maniera sostanziale, riorganizzato in una visione epistemologica che non esce in maniera sostanziale dal quadro della cultura positivista. Il mondo delle qualità, gli spiriti dell’antica magia, vengono trasformati in forze intese nel senso della fisica moderna, la metafisica dell’a priori viene sostituita con uno studio che si vuole programmaticamente sperimentale, misurabile, il pretiosissimum donum dei della tradizione ermetica – grazia gratisdata in cui la techne ha solo valore propiziatorio – viene sostituito con la ricerca della legge naturale necessitante; per i nuovi maghi le vecchie teorie alchemiche medievali sulla genesi e maturazione naturale dei metalli da zolfo e mercurio nel seno della terra vengono inquadrate nella trionfante ideologia evoluzionistica darwiniana, il cui valore normativo, dopo la teorizzazione e la discussione delle varie declinazioni politiche del darwinismo sociologico, passa così ad estendersi anche al mondo minerale, confermandosi paradigma fondante della weltanshauung di un’intera generazione.
Ovviamente Bolton, pur annotandolo lucidamente, non identifica questo processo di trasformazione dell’ideologia ermetica con la crisi di quel positivismo scientista cui egli, come scienziato ed uomo di cultura del suo tempo, è saldamente ancorato; né ha strumenti critici atti ad indentificare una tale crisi con la crisi culturale di un ceto borghese eradicato ed alla ricerca di una identità e di una memoria. L’analisi, com’è giusto che sia, è colorita del disutile tono critico e di disapprovazione che l’uomo di scienza  con la testa sulle spalle sa di dover tenere. Il dovere dell’analisi critica delle motivazioni sociologiche e culturali verrà in luce solo nel secolo successivo. L’autore non fa che rilevare la teratogenicità evidente del prodotto culturale con cui si confronta, il suo carattere chimerico, il suo corpus di contraddittori e raccogliticci spunti teoretici.
Henry Carrington Bolton nacque a New York il 28 gennaio 1843, figlio del medico Jackson Bolton e di Ann Hinman North. Formatosi nella città natale al Columbia college, da cui esce diplomato a diciannove anni, egli manifesta giovanissimo una forte inclinazione per la chimica che spinge suo padre ad attrezzargli un laboratorio domestico. Continua la sua formazione dapprima a Parigi, dove rimane per un anno, poi ad Heidelberg dove studia col celebre Robert Wilhelm Bunsen (1811-1899) ed infine all’università Georgia Augusta a Goettingen, dove riceve il suo diploma di Dottore in filosofia nel 1866. Dal 1872 al 1877 è assistente in chimica analitica e capo del laboratorio di analisi quantitativa alla Columbia University School of Mines e, nello stesso periodo, è professore al Woman’s medical college di New York. Nel 1877 viene nominato professore di chimica e scienze naturali al Trinity college di Hartford, nel Connecticut, dove diviene celebre la collezione mineralogica che egli raccoglie. Nel 1885, grazie alla sua riconosciuta competenza scientifica e mineralogica, viene nominato dal presidente degli Stati Uniti membro della prestigiosa Assay commission, l’antica istituzione responsabile del saggio e delle prove di conformità delle monete americane. Appassionato viaggiatore fin dalla giovinezza, nel 1887, alla morte di sua madre, ritorna tuttavia a vivere a New York, e, nel 1892, viene nominato non-resident professor di Storia della Chimica alla Columbian University di Washington. L’anno dopo, nel 1893, sposa miss Henrietta Irving di New Brighton. In questo periodo Bolton è un’autorità riconosciuta di livello internazionale, membro delle più prestigiose istituzioni accademiche, scrittore – non solo di chimica e storia delle scienze, ma anche di antropologia, viaggi, numismatica, letteratura etc. – autorevole, apprezzato e ricercato conferenziere. Delle sue circa 300 monografie pubblicate (alcune anche tradotte in altre lingue, specie tedesco) quasi i due terzi riguardano la storia della chimica. Muore il 19 novembre 1903 a New York. Intitolata al nome del grande studioso, è oggi attiva una Bolton society, che promuove ed incoraggia la raccolta e conservazione di ogni tipo di materiale a stampa riguardante la chimica.

Il lavoro che presentiamo qui in prima traduzione italiana viene da una lettura pubblica alla Sezione di New York della American Chemical Society, il primo ottobre 1897, e venne poi ristampato da Science, N. S. vol. IV n° 154, pp. 853-863, 10 Dicembre 1897.  

Massimo Marra © – tutti i diritti riservati – riproduzione vietata con qualsiasi mezzo e con qualsiasi fine.

 

IL REVIVAL DELL’ALCHIMIA (1)
Di Henri Carrington Bolton

 
Traduzione di Massimo Marra © – tutti i diritti riservati, riproduzione e diffusione vietata con qualsiasi mezzo e con qualsiasi fine.

Frode, follia e fallimenti sono rimasti profondamente impressi negli annali della storia dell’alchimia di tutti i tempi. L’alchimia fu anticamente rappresentata come una “arte senza arte, che comincia con l’inganno, continua col lavoro e finisce con la povertà”, e nei tempi moderni le sue stravaganti pretese sono state condannate da una scienza critica ed esatta. Ciò nonostante vi sono oggi segnali di una reviviscenza delle sue seducenti teorie e di rinnovati tentativi della loro applicazione pratica, cose di grande interesse per gli studiosi delle bizzarrie intellettuale del genere umano.
La credenza nella possibilità di prolungare la vita con un elisir artificiale e di trasmutare i metalli vili in argento ed oro, fu generalmente accettata nel Medio Evo, non solo dalle masse ignoranti, ma anche da seri filosofi imbevuti di tutta la conoscenza del tempo; e la fede popolare era alimentata dai trucchi di impostori privi di scrupoli che trovavano profittevole vivere alle spalle della credulità dei loro simili. Coloro che hanno scritto degli alchimisti nei tempi moderni ritrovano nei punti di vista stravaganti di Paracelso e nelle imprese di Flamel, Sendivogio o di John Dee, materiale più piacevole di quello reperibile nelle astratte concezioni di sobri filosofi, e conseguenzialmente la maggior parte dei lettori sono più familiari con i misfatti degli avventurieri che con le oneste convinzioni di rispettabili uomini di scienza. Prima di condannare coloro che lavorarono notte e giorno per risolvere i problemi della trasmutazione e dell’elisir di lunga vita, dovremmo considerare il loro ambiente intellettuale. Credenze superstiziose di ogni tipo prevalevano, ed anche le scienze ne erano prigioniere; l’astronomia era dominata dall’astrologia, la medicina era influenzata dalla magia, la storia naturale soggetta alla cieca fede nelle autorità, e la chimica scientifica era totalmente sopraffatta dalle chimere dell’alchimia; Keplero e Tycho Brahe, alla corte di Rodolfo II, non consideravano al di sotto della propria dignità redigere oroscopi a pagamento e predire il futuro consultando la posizione dei corpi celesti, anche mentre formulavano le leggi del loro movimento. Le teste coronate d’Europa avevano a corte astrologi ed alchimisti. Un secolo più tardi Sir Isaac Newton si dilettava con fornaci ed elementi chimici in puro stile ermetico; e Leibnitz mostra il coraggio delle sue convinzioni facendo il segretario di una società alchemica in Germania. L’influenza della superstizione sull’attitudine mentale di uomini veramente grandi decrebbe con l’avanzamento della conoscenza, e quando le fondamenta della chimica scientifica furono gettate da Priestley. Lavoisier, Scheele e i loro contemporanei, le dottrine alchemiche furono abbandonate. Ma non completamente abbandonate, dal momento che sembra esservi stato un piccolo numero di persone in ogni nazione che si mantennero aggrappate alla speranza di realizzare trasmutazioni, speranza sostenuta dal desiderio di raccogliere il premio d’oro.
Questa minoranza rigettava la stravagante credenza nell’elisir che prolungava la vita e nell’origine divina dei profondi segreti degli iniziati, e cercava altresì di appropriarsi, dal campo delle scienze in evoluzione, di quelle scoperte e teorie che potevano essere interpretate in favore della trasmutazione.
La stampa non ha mai cessato di produrre lavori dedicati al soggetto. Alcuni autori hanno scritto di una “chimica più alta” ed altri hanno cercato di riconciliare le nuove dottrine dei chimici con le antiche teorie degli alchimisti. Non più tardi del 1832, un professore tedesco ha scritto un colto volume col manifesto intento di provare la realtà della trasmutazione da fonti storiche (Schmieder, Geschichte der Alchemie, Halle 1832). Il numero di ristampe degli scritti grotteschi di pretesi adepti che sono apparsi da quando la chimica è divenuta una scienza esatta è sorprendentemente grande, ed il fatto che tali libri trovino compratori testimonia l’esistenza di una piccola ma zelante categoria di studiosi di ermetismo. Così un chimico eminente come Sir Humprey Davy non esitava ad affermare che alcune dottrine dell’alchimia non sono ascientifiche.
Le scoperte recenti in fisica, chimica e psicologia hanno dato ai discepoli di Hermes nuove speranze, e l’attuale posizione della filosofia chimica ha ridato un sostanziale nuovo impeto alla dottrina fondamentale dell’alchimia. La teoria favorita di una prima materia come base di tutti i corpi elementari, ha ricevuto nuovo supporto dalla scoperta dell’allotropia degli elementi, dell’isomerismo dei composti organici, dalle rivelazioni dello spettroscopio, dalle dimostrazioni pratiche di Norman Lockyer, dagli esperimenti sul calore specifico dei corpi gassosi ad alta temperatura di Mallard e Le Châtelier, dalle scoperte di Sir William Crookes (come esposte nella sua monografia sui meta-elementi), dalla scoperta di Carey Lea di diverse forme singolari di argento allotropico e, soprattutto, dalla massa di fatti e fenomeni correlati che trovano la loro espressione definitiva nella legge periodica degli elementi, cosicché molti chimici attuali sono inclini nel credere nella mutua convertibilità degli elementi che hanno proprietà chimiche similari. Daniel Berthelot, nel suo notevole lavoro intitolato Dell’allotropia dei corpi semplici, afferma coraggiosamente la sua convinzione dell’unità della materia. Egli dice: «senza cercare di trovare in ognuno degli elementi conosciuti il generatore degli altri, possiamo non evocare, in favore dell’ipotesi di un’unica materia disegualmente condensata, i fatti che abbiamo rivelato nel nostro studio sul carbone?». Ed altrove: «la trasmutazione di un elemento non è nulla di più che la trasformazione del movimento che determina l’esistenza del detto elemento e che gli dà speciali proprietà, negli specifici movimenti peculiari all’esistenza di un altro elemento».  
Simultaneamente con lo sviluppo degli aspetti veramente scientifici delle teorie alchemiche, si è sviluppato uno straordinario revival del lato metafisico della questione; questo si accompagna mano nella mano con l’interesse per la chiromanzia, astrologia, teosofia e le scienze occulte che occupano un posto così grande nel pensiero moderno, nella letteratura e nella buona società di entrambe le sponde dell’Atlantico. Questa tendenza a coltivare l’occulto si manifesta nello studio della Kabala, l’investigazione dei misteri del Buddismo, del Confucianesimo e delle altre filosofie orientali, nella ricerca dei cosiddetti fenomeni dello spiritualismo, nella fondazione di società di studi delle forze psichiche e nelle dottrine dei seguaci di Madame Blavatsky; cristalloscopia, specchi magici, scrittura automatica, tavolette per sedute spiritiche, lo studio pseudo-scientifico delle apparizioni, delle tavole rotanti, dei colpi di poteri invisibili, dei sé subliminali, sono oggi guardati come oggetti di indagine legittimi, in nessun modo necessariamente associati con le arti oscure dei tempi medievali, laddove siano perseguiti con spirito di ricerca e col fine di scoprire i poteri latenti sottesi a questi fenomeni. E questa linea di ricerca riceve stimoli dai risultati assicurati da studiosi di psicologia sperimentale, ipnotismo, da scoperte come i raggi X, e da fisici trascendentali che teorizzano sulle miracolose conseguenze della materia tetradimensionale. Affollate sale da conferenza premiano le esibizioni di medium, conferenzieri di teosofia, chiromanzia ed occultismo; nelle fasce  più basse indovini e chiaroveggenti mietono una messe più modesta; libri che trattano di tematiche occulte godono di gran notorietà, e gli scrittori di novelle trovano profittevole introdurre il mistero nel cervello dei bambini; anche i giornali laici, specialmente francesi, danno spazio alla coinvolgente discussione sull’ermetismo; sono queste alcune delle evidenze del grande interesse popolare per l’inconoscibile. Solo persone con un equipaggiamento intellettuale speciale sono in grado di misurare, pesare, setacciare e coordinare i nuovi fenomeni raccolti nel campo dell’ipnotismo, della psicologia e dell’occultismo; quelli di minor acume mentale non riescono a realizzare il vero significato delle scoperte, e sono coinvolti in inutili e pericolose superstizioni.
L’alchimia, che si nutriva nel Medio Evo di ignoranti superstizioni, si alimenta ora della prevalente affezione agli studi esoterici, e, se in passato la fede popolare fu in parte sostenuta dalle fraudolente pretese di impostori, ora uno standard più alto di intelligenza rigetta questi evidenti trucchi di imitatori di Cagliostro. Vi sono in verità tentativi occasionali di truffare i creduloni facendo appello alla cupidigia. Leggiamo nella stampa quotidiana americana di un imbroglione che ha tentato di truffare un gioielliere londinese vantandosi di moltiplicare le sterline; di un volgare progetto di truffa tra ignoranti commercianti sul lato est di New York City in cui piombo, pezzi di ferro, crogioli e fornaci sono stati gli strumenti; e della più ampia operazione di un colto chimico francese che ha trovato gonzi sia in nord che in sud America; ma in tutti questi casi la logica severa delle corti di giustizia è intervenuta sconfiggendo bruscamente i raggiratori. Non è con la semplice destrezza di mano che il revival dell’alchimia si sta ora costruendo, ma attraverso una compagnia di colti imbonitori.    
Il movimento per resuscitare le dottrine alchemiche e le relative pratiche ha avuto un successo particolare in Francia, dove ci sono oggi quattro società ed una “università” che dichiarano di possedere conoscenze occulte dei misteri ermetici. Queste società segrete sono chiamate Ordre de la Rose-Croix, Ordre Martiniste, Societé d’Homéopathie Hermetique, e Association Alchimique de France.  
Le prime due di queste società sembrano lavorare su una linea simile a quella della Massoneria, e dichiarano che i loro segreti sono stati tramandati dagli ultimi saggi di Atlantide e di Lemuria ai loro fratelli d’Asia ed Egitto, custoditi in santuari da cui sarebbero usciti Krishna, Zoroastro, Ermete, Mosé Pitagora e Platone. Ai magi sacerdoti che preservarono questo sapere nei templi di Tebe, Eracleopoli, Aphrodite, Ptah e Serapis successero le società segrete alchemiche dei primi secoli della nostra era; seguirono poi le logge ermetiche degli arabi, e queste diedero origine ai Templari, ai Rosacroce ed infine ai Martinisti.  
La terza società coltiva in particolar modo la terapeutica occulta, un sistema di medicina inventato negli anni ’60 del secolo presente dal conte Cesare Mattei di Bologna, che unisce i principi di Hanemann con quelli degli iatrochimici discepoli di Paracelso. Questa nuova corrente medica pubblica autonomamente quattro riviste mensili e trattatistica speciale.
La Società Alchemica di Francia succede alla Società Ermetica che fu fondata dal fu Albert Poisson (morto nel 1894), anche conosciuto con lo pseudonimo di Philophotes. È di stanza a Parigi, e l’oggetto dell’associazione, come è sottolineato nel suo statuto, è “lo studio teorico e sperimentale della evoluzione e della tramutazione dei corpi”. I suoi membri, in vista di questo scopo, studiano in processi degli antichi alchimisti e li comparano coi lavori dei chimici moderni. Questi metodi sono sintetizzati come segue: «L’associazione si propone di favorire la rinascita  della dottrina unitaria della chimica: primo, raggruppando gli sforzi di operatori isolati per mezzo dell’”Hyperchimie”; secondo, fornendo loro l’aiuto di studiosi più avanzati; terzo fornendo, per quanto possibile, libri ed apparati ai suoi membri. Le ricerche dei membri, quando approvate dai maestri, devono essere spedite in doppia copia al segretariato generale; una copia sarà pubblicata nell’”Hyperchimie” e l’altra sarà conservata negli archivi dell’associazione a beneficio dei membri, che possono ottenerla su domanda». Ed ancora: «I candidati per l’ammissione devono superare un esame su: primo, la teoria e la storia dell’alchimia; secondo, gli elementi di fisica e chimica (senza matematiche). Un diploma di una scuola normale, industriale o di un politecnico sarà accettato in sostituzione del secondo.».
Gli affari dell’associazione sono controllati dal segretario generale, F. Jollivet-Castelot (di Douai) assistito da sette consiglieri, che tengono una riunione annuale. Al momento ci sono due membri onorari – Camille Flammarion, il popolare scrittore di astronomia, ed August Strindberg, uno svedese residente in Austria, autore di diversi saggi ermetici. Ci sono altre due classi di membri, i maestri (maîtres), che sono scelti tra i membri ordinari del consiglio dopo un esame dei loro scritti; ed i membri ordinari (membres adhérentes), il cui numero è illimitato. Una modesta quota dà diritto ai membri a ricevere l’organo dell’associazione, l’Hyperchimie, un mensile di alchimia ed ermetismo fondato nel 1896.
I consiglieri della Società Alchemica hanno deciso, coi membri attivi della altre citate società, di stabilire una Université Libre des Hautes Études. Al momento essa include tre facoltà:
1 – Faculté des Sciences Hermétiques, di cui la Società Alchemica costituisce una sezione. Il direttore di questa facoltà è il Dr. G. Encausse, ed i corsi di istruzione abbracciano lo studio dei tarocchi, della filosofia e della pratica alchemica, l’occultismo, il misticismo, l’Ebreo etc.. Il curriculum, che porta al Baccalauréat-en-Kabbale, è sotto la supervisione di un gruppo di studiosi di esoterismo, mentre i candidati per il diploma di maestro e dottore sono sotto la direzione dell’Ordine Martinista.     
1 – Faculté des sciences Magnétiques, rappresentata dalla École de magnétisme de Paris, sotto la direzione di M. Durville. Ha ramificazioni a Lione, Bordeaux ed in altre città.
3 – Faculté Spirite, che comprende diverse sezioni di spiritismo.
Ogni facoltà conserva una completa indipendenza, essendo unita alle altre “solo da legami morali destinati ad accelerare l’espansione del movimento spirituale razionalista”.
La natura dell’istruzione data in questa università apparirà chiara nell’esame d’insieme della filosofia dei suoi promotori.
Le intelligenze leader in queste società segrete ed in queste università sono le  seguenti: F. Jollivet-Castelot, segretario generale della Società Alchemica, delegato speciale del supremo consiglio dei Martinisti, editore dell’Hyperchimie ed autore di Comment on devient alchimiste, L’hylozoisme ed altri trattati alchemici; Dr. M. H. E. Lalande, il cui pseudonimo è Marc Haven; F. Ch. Barlet, autore di Essai sur l’évolution de l’Idée; dr. G. Encausse che generalmente cela la sua identità sotto la firma Papus, presidente del Gruppo esoterico, presidente del consiglio supremo dell’Ordine Martinista ed autore di sedici trattati su ermetismo e magia, tra i quali possiamo nominare il Traité élémentaire de magie pratique. Papus è anche direttore di L’Initiation, un giornale dedicato a teosofia, magia ed occultismo, e di Le voile d’Isis, una rivista settimanale di spiritualismo. Stanislas de Guaita è ben conosciuto come autore di Le temple de Satan, La Clef de la magie Noire e di Le Problème du Mal, opere trattanti di stregoneria, luce astrale nell’uomo ed altri misteri. I saggi di Marius Decrespe sui Microbes de l’astral, quelli su Les Incantations di Paul Sedir, e sull’Exteriorisation de la Motricité di Albert de Rocha, sono opere che indicano l’attitudine mentale di coloro che sono impegnati nel revival dell’alchimia e dell’ermetismo. Una bibliografia di questo tipo di opere è qui fuori luogo. Un singolo catalogo di vendita enumera centoventi titoli, soprattutto di data recente.  
Uno degli operatori più vecchi della Società Alchemica è il “maestro” Théodore Tiffareau. Nel 1854-55 egli spedì all’Accademia delle Scienze di Francia sei memorie in cui dichiarava di aver scoperto il metodo di convertire argento in oro. Tiffereau aveva fatto i suo esperimenti in Messico con grandi spese, finanziandosi da solo, nel frattempo, con la dagherrotipia. Il suo processo fu ripetuto alla zecca di Parigi davanti il saggiatore. M. Levol, ma con un piccolo risultato. La sostanza delle sue memorie fu pubblicata nel 1855 in un volume intitolato Les metaux sont des corpes composés; una nuova edizione di questo scritto è stata pubblicata da Lermina nel 1889. Tifferau non ha mai abbandonato le sue pretese, e non più tardi dell’ottobre 1896 ha indirizzato un’altra memoria all’accademia, nella quale tenta di provare che il metallo alluminio è un composto. Brevemente esposto, il suo procedimento è quello che segue: egli piazza in un solido tubo di vetro un pezzo di foglio di alluminio con puro acido nitrico e sigilla ermeticamente il tubo. Poi espone ai raggi solari il tubo ed il suo contenuto per due mesi, ed alla fine di questo tempo egli apre il tubo, che produce un’esalazione che egli ritiene sia da attribuire all’etere, e vi rinviene alcuni gradi di un cristallo che egli crede sappiano di acido acetico. Dal momento che sia l’acido acetico che l’etere sono componenti del carbonio, Tifferau conclude che questo elemento sia un derivato dell’alluminio. I chimici analitici potrebbero criticare questo esperimento da molti punti di vista: potrebbero dire che Tifferau non ha dimostrato l’assenza di carbonio nel metallo usato, e che egli dipende da olfatto e gusto per provare la presenza del composto di carbonio. La lingua ed il naso sono incontestabilmente utili accessori ai reagenti di un laboratorio chimico, ma test addizionali per etere ed acido acetico, sarebbero stati più inoppugnabili. Negli scritti recenti Tifferau attribuisce la trasmutazione di un metallo vile in quello più prezioso all’azione del “microbo dell’oro”.
Per uno studioso di chimica leggere, riassumere e mettere per iscritto in linguaggio intelligibile ed in uno spazio limitato, i principi di questa nuova scuola di filosofi chimici è un impegno difficile, anche per uno in qualche modo familiare con la letteratura degli antichi alchimisti; conseguenzialmente la seguente analisi è molto lontana dall’ideale. Si tratta propriamente del lavoro di un kabalista, teosofo e mago, orgogliosi appellativi che questi scrittori rivendicano. Gli alchimisti moderni accettano tutta la tradizione dei loro antichi predecessori, ma gli danno un nuovo significato, e l’intrecciano con la nuova fenomenologia derivata dalle ricerche nelle scienze pure. Essi sostengono che durante il quattordicesimo, quindicesimo e sedicesimo secolo, la scuola ufficiale di istruzione insegnava solo esclusivamente la parte fisica delle scienze, e che la parte metafisica (che è la vera anima e vita dello studio) era rigettata sotto l’obbrobrioso nome di scienza occulta. Questo aspetto vivente della scienza è stato comunque studiato nelle segrete società degli iniziati, che hanno preservato la tradizione della kabala, i misteri dell’ermetismo e la pratica della trasmutazione. Lo studio della scienza è tanto una questione religiosa che intellettuale, ed adorare ad un altare dovrebbe sostenere ed illuminare l’operatore in laboratorio. «Chimica, alchimia e filosofia ermetica formano i tre gradini della scala che porta l’iniziato dal laboratorio, attraverso la realizzazione artistica, all’oratorio; Labora, Opera, Ora et invenies».
Gli alchimisti moderni sostengono anche che Darwin ed i suoi discepoli hanno scoperto solo una piccola parte della grande dottrina dell’evoluzione, che dovrebbe essere applicata agli elementi chimici tanto quanto agli esseri viventi. Il punto di partenza nell’evoluzione degli elementi è l’etere (il fluido astrale universale dei kabalisti), le particole infinitamente divisibili da cui si formano per agglomerazione gli atomi chimici. Questo etere è energia condensata, e perciò ogni materia si risolve in energia.
Energia, materia e movimento formano una trinità analoga alla Divina Trinità, una in sostanza, trina in apparenza. La materia è di un sol tipo, e le diversità dei corpi chimici risultano da differenze nel raggruppamento e nel movimento della particole costitutive. L’intelligenza è misteriosamente associata con  materia ed energia, formando un’altra trinità. Ogni atomo centralizza intelligenza, è in sé un’entità vivente, ed attraverso un processo di auto-evoluzione produce i diversi corpi naturali. «L’etere è il padre dell’idrogeno, dal quale derivano ossigeno, nitrogeno, carbonio etc., combinazioni dovute a vortici eterici». «Forse l’elio dovrebbe precedere l’idrogeno». Si batte molto su questa visione della materia come entità vivente, e la dottrina è chiamata Hylozoismo. Un alchimista che si aspetta il successo deve possedere poteri psichici sugli atomi, di modo che questi, attraverso l’azione della sua volontà, possano raggrupparsi per formare il metallo desiderato.  
Tale è la filosofia fisica dei moderni alchimisti. La loro filosofia cabalistica è ben lungi dall’essere così chiara, essendo fortemente correlata ai Tarocchi, che esprimono i “calcoli algebrici e geroglifici della genesi primordiale”.
Gli studiosi della filosofia mistica degli Ebrei scoprono profondi ed occulti significati in similitudini accidentali di oggetti di studio e fenomeni estremamente differenti. I sette pianeti, sette giorni della settimana, sette colori, sette orifizi della testa, sette metalli conosciuti dagli antichi, sette arcangeli e sette demoni infernali presentano, per la vera mente cabalistica, analogie meravigliose e preziose. Nella tavola delle concordanze degli Arcani maggiori queste corrispondenze sono dichiarate: Heth, giustizia – esistenza elementare – Nizah – Cancro – Giugno – idrogeno – fuoco.
Jollivet-Castelot ha scritto di alchimia cabalistica, e l’esame attento dei suoi saggi lascia n ella mente del non iniziato memorie confuse di colori, numeri, segni dello zodiaco, operazioni alchemiche come distillazione, fissazione e simili, il nome del figlio di Giacobbe, alcune pietre preziose, figure geometriche, caratteri ebrei, Azoth, quintessenza ed il diavolo, il tutto discusso con un linguaggio oscuro quanto il simbolismo descritto. Per celare  i misteri esoterici si usano spesso abbreviazioni, ma non si deve essere iniziati assai profondamente per riconoscere in P.•. Ph .•. pierre philosophale ed in G .•. O .•. grand oeuvre.
La luce astrale è un fattore importante nell’ermetismo moderno, ed è assai strettamente correlata alla “materia radiante” dei chimici ed all’”etere” dei fisici. «La luce astrale è l’agente universale, il mediatore plastico universale, ricettacolo comune di vibrazioni di movimento e dei fantasmi di forma». Essa è anche l’Od degli Ebrei e del Barone von Reichenbach; è il grande Thelesma di Ermete Trismegisto, ed il controllo della sua forza costituisce il grande arcano della magia pratica. Esso scalda, illumina, magnetizza attrae, repelle, vivifica, distrugge, coagula, separa, frantuma e raccoglie ogni cosa sotto lo stimolo di volontà potenti; è perpetua e trasformabile vibrazione. La sua figura cabalistica, rappresentata dal serpente della Teogonia, è:

Od= +
Ob= –
Aour= ∞

Quando la luce universale magnetizza l’universo è chiamata luce astrale; quando forma i metalli è chiamata Azoth, o Mercurio dei Saggi; quando dà luce agli animali è chiamata magnetismo animale. Le ondulazioni astrali determinano la posizione degli atomi o li neutralizzano. In questo risiede il segreto della trasmutazione, ed è privilegio dell’ermetista acquisire il potere di controllare questo agente.
L’adepto in questa fase dell’ermetismo ancora si richiama alla Tabula Smaragdina come all’incarnazione del sapere alchemico. Il “Padre dell’Alchimia” che è stato identificato con Canaan, nipote di Noah, inventò l’aritmetica, la geometria, l’astronomia e la musica, insegnò a scrivere agli Egizi e diede al popolo leggi e  riti religiosi. Essendo perfettamente a conoscenza della pietra filosofale, e desideroso che la posterità potesse acquisire il meraviglioso segreto, egli incise l’intera arte della creazione dell’oro su di una tavoletta di smeraldo, che fu posta nel suo sepolcro. Molti anni dopo, fu rimossa da Sarah, la moglie di Abramo, e nascosta in una caverna vicino Hebron. Lì rimase fino a quando non fu di nuovo scoperta da Alessandro Magno. L’iscrizione suona in parte come segue:

«Non parlo di cose false, ma di ciò che è più vero e certo. Ciò che è in basso è come ciò che è in alto, e ciò che è in alto è come ciò che è in basso, per compiere i miracoli di una sola cosa. Inoltre, dal momento che ogni cosa fu fatta dall’uno con l’aiuto di uno, così tutte le cose  sono fatte da una per congiunzione. Suo padre è il Sole, sua madre la Luna; il vento lo porta nel suo ventre, e sua nutrice è la terra.  * * * Questa cosa ha più forza della forza stessa, poiché dominerà ogni cosa sottile e penetrerà ogni cosa solida. Da essa fu formato questo mondo. Da ciò procedono cose meravigliose che in questo modo si trovano stabilite. Per questa ragione sono chiamato Ermete Trismegisto, poiché posseggo le tre parti della filosofia dell’intero mondo. Ciò che ho detto del lavoro del sole è completo.».

Gli scrittori dell’alchimia moderna discutono le meraviglie della palingenesi, di omuncoli, di gamahes; essi scrivono della materializzazione di un metallo attraverso il medium (mediumnité) di un metallo; citano le “Regole di Filalete”, i lavori di George Ripley e del Cosmopolita e fanno ricorso in uno stesso saggio a Berzelius, Berthelot e Moissan. Apprendiamo che “il diavolo è la scimmia di Dio”, e che “il Cherubim dell’Arca del Patto simbolizza il maschio e la femmina dell’Universo, il padre e la madre alchemici”, dagli stessi autori che mostrano dimestichezza con le più recenti scoperte in chimica vera. Nel fluoro chimico essi percepiscono la realizzazione dell’Alkahest, o solvente universale, a lungo cercato dagli alchimisti medievali.
Abituati a manipolare i numeri, i cabalisti trovano abbondanti opportunità nei pesi atomici degli elementi, e sfruttano al massimo queste opportunità. Quando la somma aritmetica del peso atomico di elementi costituenti un dato composto è per caso uguale al peso atomico dell’oro, questa corrispondenza accidentale è colta come pretesto per esporre relazioni ermetiche tra le due sostanze.
August Strindberg ha dedicato molto studio a tali corrispondenze, ed annota la seguente:

K2MnO4=197=Au
Cn2Cl3=196=Au
FE3S=197=Au
C2H5I=1/2 Br=197=Au

Egli usa sia 196 che 197 come peso atomico dell’oro per perseguire il suo fine, e sembra molto debole in aritmetica, poiché l’ipotetico corpo FE3S ha un peso molecolare di 200.
L’Ammonio ferroso solfato cristallizzato con sei molecole d’acqua, che ha per caso un peso molecolare uguale a quello dell’oro, è usato da Strindberg come base per il seguente esperimento, che serve per mostrare i suoi metodi di ragionamento ed operativi:

Fe2O3+2H2O=196=Au

L’ammonio solfato ferroso = 392=Au; ed aggiunge: «il cloruro di oro si riduce con la nicotina del sigaro». Dal momento, comunque, che nessun reagente contenente cloruro in alcuna forma è stato usato nell’esperimento, questo elemento deve essere stato creato allo stesso tempo coll’oro, il quale, in tutti i casi, è oro “incompleto”, solubile in acidi non miscelati.
Un predicatore non dovrebbe essere giudicato da un singolo sermone, e per fare giustizia a questi alchimisti del diciannovesimo secolo, ancora un’altra “ricetta per l’oro” può essere trascritta: «Metti in crogiolo strati di fogli di ferro e vetriolo polverizzato; ponici sopra un altro crogiolo traforato da un buco per la respirazione, e scalda a fuoco intenso. Ma un fondente deve essere aggiunto al crogiolo per prevenire la fusione, cioè 1 kg. litargirio, 1 kg. di sabbia bianca pulita, mescola ed aggiungi al crogiolo a fuoco rosso. Rimuovi con una spugna di ferro l’olio giallo a mettilo da parte. I due composti non avranno perso peso. Quest’olio è un’acqua secca, un fuoco, una salamandra. * * * Otterrai un metallo di color giallo oro, avente una densità di 24, non coniabile. Questo è cambiato in oro ordinario».  Con l’eccezione di poche frasi non importanti, questa è l’intera ricetta, ma come si debba effettuare la trasformazione finale non è descritto.
Acquisire conoscenza e potere per il successo nei lavori ermetici, divenire candidati all’iniziazione nelle società occulte, non è impresa facile. L’aspirante deve sforzarsi valorosamente contro le passioni che lo assalgono, liberare la sua anima dall’orgoglio, dalla collera, dalla gelosia, dall’astio, avarizia, ipocrisia, pigrizia. Se il candidato per onori desidera diventare degno del nome di filosofo ermetico deve provare di essere un Mago; deve imparare ad esercitare la sua volontà sulla materia in ogni forma, e per acquisire questo potere deve praticare la cristalloscopia e la catottromanzia; per imparare a percepire l’invisibile deve allontanarsi dal visibile, imponendo a se stesso un sonno psichico, richiamato da qualche ipnosi. In aggiunta al raggiungimento dello stato mentale ideale egli deve usare profumi, musica e luci; ed alla fine il corpo astrale, separato da quello fisico, fornirà l’intellettuale, morale e materiale illuminazione indispensabile alla grande opera.
È piuttosto scoraggiante apprendere che, una volta adempiute tutte queste dure condizioni, nessuno può realizzare la perfezione desiderata senza essere passato attraverso molteplici esistenze planetarie. L’aspirante alchimista deve anche seguire i precetti di Alberto Magno: deve essere discreto, silenzioso, e non rivelare i risultati del suo lavoro; deve risiedere in un posto isolato e scegliere il tempo e le ore dei suoi lavori; deve essere paziente, assiduo e perseverante, ed essere sufficientemente ricco da sostenere le spese della sua ricerca. Oltre agli ordinari apparati chimici, deve provvedersi di diversi oggetti indispensabili al suo lavoro: una bacchetta magica, una spada per dissolvere le coagulazioni astrali, uno specchio magico, un braciere per i profumi, un altare di legno coperto con una stoffa bianca, ed una veste da alchimista di lino bianco da portare con una cintura ricamata di oro e argento. In tutte le sue operazioni chimiche egli deve proiettare forza psichica nei reagenti.
Brillanti prospettive sono reclamate da questa scuola di filosofi per il futuro della scienza chimica. La chimica inorganica è destinata a seguire il percorso in cui già ha prosperato la chimica organica; la formazione, derivazione, o piuttosto evoluzione dei metalloidi (cosiddetti)  e dei metalli sarà realizzata attraverso cicloni eterici, differenti gradi di condensazione dell’idrogeno.- I corpi chimici sono solo di un solo tipo, e sono tutti organici e viventi.
Tra i chimici c’è una fede crescente nella teoria che i corpi elementari così come li conosciamo siano composti di un’unica materia primaria (protile) e che la trasformazione di una cosa in una simile non è oltre il limite delle possibilità, ma non pensiamo che i moderni ermetisti stiano perseguendo la giusta via per arrivare a questo obiettivo; né crediamo che il mondo della scienza sia vicino al desiderato fine della cupidigia alchemica.