Pagina on-Line dal 07/04/2012

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Ora, o figliuolo, dire si debbe dell’anima e del corpo, e in che modo l’anima sia immortale, e di quanta virtù sia nello operare il facimento e disfacimento del corpo. La morte non tocca ad alcuno di questi, imperò che θάνατος, cioè la morte, è uno certo concetto di nominanza immortale, overo certa cosa vana, o veramente, per levamento della prima lettera θάνατος, cioè morte, per quello che si dice αθάνατος, cioè immortale, imperò che tànato significa la morte. Ma nessuna cosa di quelle che sono nel mondo muore, imperò che se il mondo è Dio secondo, vivente e immortale, impossibile è morire alcuna parte dello immortale animale. Tutte quelle cose che sono nel mondo sono membri del mondo, e spezialmente l’huomo animale rationale; ma il primo di tutte è Dio sempiterno, immortale, ingenito, autore del tutto. Dipoi il secondo, da lui fatto a sua immagine, è il mondo, da lui conservato, nutrito e dotato d’immortalità come da proprio padre, che certamente sempre vive e è immortale. Ma quello che sempre vive e quello che è sempiterno, hanno insieme questa differenzia, che quello che è sempiterno di certo da altri non è fatto; ma se egli era fatto da sé medesimo non fu fatto nel tempo, ma sempre è fatto, imperò che quello che è sempiterno, in quanto sempiterno, è il tutto. Ma il Padre è quello che è di se stesso sempiterno. Ma il mondo fatto dal Padre, sempre vivente e immortale, e in quanto alla materia, era stato suggetto al Padre, et esso Padre faccendolo corporeo e in grandezza riducendolo, a questo tutto dié forma sferica, overo rotonda, imprimendo la qualità della materia a quello che era immortale e che aveva ragione sempiterna della materia. Ma, ripieno di tutte le forme, seminando il Padre le qualitadi nella spera come in un campo, circundò quella attorno con ogni qualitade, et volle adornare quello che dopo lui aveva qualità riempendo ogni corpo di immortalità, acciò che, volendosi partire la materia da tale congiungimento, ancora non si risolvessi nella sua deformità. Imperò che quando, o figliuolo, la materia era incorporea, era sanza forma, e questa materia ancora, rivolta circa certe piccole qualitadi, ha parimente natura di crescere e di scemare, la quale natura gli huomini chiamano morte. Ma questa tale confusione è circa i viventi in terra, imperò che i corpi celestiali sempre uno medesimo ordine conservano, cioè quello nel quale, da principio, furono ordinati dal Padre. Ma esso è conservato indissolubile da ciascuna restituzione. Ma il reintegramento della composizione de’ corpi terreni, e esso dissolvimento, si ristituisce ne’ corpi indissolubili, cioè immortali, e così si fa la privazione de’ sensi, e non la distruzzione de’ corpi. Il terzo animale ancora è l’huomo, fatto a immagine del mondo, il quale, oltra a tutti gli altri animali, è più secondo la volontà del Padre e non ha solamente affinità col secondo Dio, cioè col mondo, ma ancora la intelligenzia del primo, cioè Dio. Certamente esso comprende il secondo Dio, cioè il mondo, col senso, come cosa corporale, et al primo Dio con la mente si solleva come a Mente buona e incorporea.
TAZIO: Or’ non si guasta egli adunche questo animale?
TRISMEGISTO: Indovina meglio, o figliuolo. Et ancora penserai che cosa è Dio, e che è il mondo, e che è l’animale immortale, e che è l’animale indissolubile. E saprai ancora il mondo essere insieme da Dio e in Dio, ma lo huomo consistere dal mondo e nel mondo. Ma il principio e il contenimento, e la constituzione del tutto essere Dio. 

 

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