Pagina on-Line dal 07/04/2012

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TAZIO – O padre, ne’ tuoi sermoni comuni, per certe oscure quistioni e sanza aggiunzione d’alcun dichiarazione, trattasti de la deità, dicendo nessuno huomo essere fatto salvo inanzi a la regenerazione. Et io certamente, mentre che tu salivi al monte, umile ti stetti innanzi pregandoti che qualche volta tu mi dimostrassi la ragione della regenerazione, imperò che questo solo allora mi restava a sapere, e tu finalmente allora rispondesti di rivelarmelo quando io fussi alienato dal mondo. Ecco, o padre, che io sono già apparecchiato. Io ho levato via da la mia mente gl’inganni del mondo. Tu adunque observami le promesse; o palesemente o copertamente, come più ti piace, trattami il modo della regenerazione, che io, o Trismegisto, non so di che madre e di che seme sia nato lo huomo.
TRISMEGISTO – O figliuolo, la madre è la contemplativa sapienzia nel silenzio, e il seme suo il vero bene.
TAZIO – O padre, e chi lo semina? Imperò che questo non so io.
TRISMEGISTO – La volontà di Dio, o figliuol mio.
TAZIO – Or di che pregio è, però, quelli che è generato? Imperò che gli è sanza parte della essenzia intelligibile, che essendo altrimenti, colui il quali è generato, sarà a Dio figliuolo di Dio.
TRISMEGISTO – Pensa il tutto nel tutto, che consiste di tutte le possanze.
TAZIO – O padre, tu finge oscure quistioni e non parli a uso di padre con figliuolo.
TRISMEGISTO – Questa generazione di huomini, o figliuolo, non si ammaestra, ma tante volte quante vuole, sotto certa dimostrazione, si riduce in memoria di Dio. 
TAZIO – Tu inferisci cose impossibili e troppo violenti, per la qual cosa io desidero di contradire.
TRISMEGISTO – O Tazio, ora se’ tu discordante.
TAZIO – Non mi avere invidia o padre, imperò che io sono legitimo figliuolo. Orsù, deh, io ti priego che tu m’insegni il modo della regenerazione.
TRISMEGISTO – Or che ti dirò io o figliuolo! Io non ho da dirti altro che questo: che io veggo una vera et degna cosa da vedere già a me posta innanzi dalla benignità di Dio, onde io mi sono traslato in corpo immortale et non sono quello il quale era prima stato fatto, ma sono di nuovo diventato mente. Questo misterio non si insegnia. Or vedi per questo elemento formato, per lo quale si può vedere, per lo quale è da me postposta la prima composta forma: non che io sia colorato e abbi toccamento e termine, imperò che io sono al presente da essi fatto alieno. Or vedimi tu con gli occhi, o figliuolo? Ma quando tu pensi intento col corpo e con lo aspetto, io non sono veduto con questi occhi.
TAZIO – Tu hai, o padre, troppo commosso me in furore e in istimolo di mente, onde che, al presente, io non veggio me medesimo.
TRISMEGISTO – Volesse Dio, o figliuolo carissimo, che non dormendo tu, ancora te medesimo trascorressi, a similitudine di quegli che nel sonno da’ sogni sono occupati.
TAZIO – Deh, or dimmi chi è l’autore della regenerazione?
TRISMEGISTO – Il figliuolo di Dio, uno huomo per voluntà di Dio.
TAZIO – Ora, o padre, m’hai tu fatto diventare mutolo e pieno di stupore, et io medesimo ancora, alienato dal pristino stato della mente, ragguardo la medesima grandezza insieme con la impressione del segno et in essa la bugia, imperò che la firma immortale per ciascuno dì si transmuta. Et questa per a tempo, quasi come falsa, scemando e crescendo si rivolta. Che cosa è adunque il vero, o Trismegisto?
TRISMEGISTO – Quello è il vero il quale non è perturbato, non determinato, non colorato, non figurato, non guasto, ignudo, chiaro et da se medesimo comprensibile, bene intrasmutabile e in tutto incorporeo.
TAZIO – In verità, o padre mio, che io già impazzo, e conciò sia che per te sperassi diventare savio; pensando a questo veggo conculcati tutti i miei sensi.
TRISMEGISTO – Così accade o figliuolo, imperò che essendo sollevato in su, come il fuoco, e abbassato in giù come la terra, et umido come l’acqua, e spirante come l’aria, come apprenderai tu esso col senso? E’ gli è non duro, non molle, non denso, non penetrabile, ma solo da essere considerato per potenzia e per atto. Ma chi può, faccia orazione, che intenda la generazione che è in Dio.
TAZIO – Io, o padre, sono impotente.
TRISMEGISTO – Non piaccia a Dio che così sia o figliuolo. Ricorri in te medesimo e conseguira’lo: voglilo e sarà fatto. Purga i sensi del corpo, svolgiti da le irrazionali vendicatrici della materia.
TAZIO – Or’ sono egli dentro a me vendicatrici?
TRISMEGISTO – O figliuolo, non poche ma molte e orribili.
TAZIO – Io non me ne aveggio, o padre.
TRISMEGISTO – O figliuolo, la prima vendicatrice è la gnoranzia, la seconda è tristizia, la inconstanzia è la terza, la quarta è la cupidità e la ingiustizia è la quinta, la sesta la lussuria, la septima la decezzione, la invidia l’ottava, la nona è la fraude, l’ira è la decima, l’undecima la temerità e la duodecima la malizia.
Queste certamente a numero sono dodici, e molte altre più sotto queste si contengono, le quali constringono dentro l’huomo, rinchiuso per il carcere del corpo, ad havere pena da’ sensi. Ma queste sono bene da longi da colui che è ripieno de la clemenzia de Dio, e così è fatto il modo e il parlare della regenerazione. Da ora avanti, o figliuolo, mi starai in silenzio, et tacendo laudirai i Dio, et a questo modo la divina clemenzia non si partirà da noi. Et da qui inanzi, o figliuol mio, rallegrati, imperò che tu se’ dalla potenzia divina elevato a la contemplazione della verità. La cognizione di Dio discende in noi, e venendo questa è scacciata la gnoranzia. La cognizione del gaudio discende in noi, e per la presenzia di questa sfugge del tutto la tristizia, e in coloro si rivolta i quali sono apperecchiati a pigliarla. Et chiamo la possanza che conduce al gaudio la constanzia, che più de l’altre, sanza dubbio, è suavissima. Ricieviamola adunque, o figliuolo, con buono animo, imperò che come prima sia presente, del tutto ogni mollizie discaccerà. E ora invoco la Continenzia, vincitrice possanza di tutte le cupidità. Et questo grado, o figliuolo, è il fondamento della giustizia. Ma considera in che modo egli ha scacciato la ingiustizia da le opere create. Certamente, o figliuolo, noi siamo diventati giusti per l’assenzia della ingiustizia. La sesta chiamo potenzia che in noi discende, cioè comunione contra lo eccesso. Questo finalmente partendosi, invoco la verità, et subito la decezzione si fugge e la verità è presente. Or vedi in che modo il bene ha il suo compimento per la presenzia della verità, imperò che la invidia si parte da noi perché il bene è innato nella verità insieme con la vita e con il lume, né più oltre viene la vendicatrice della ira, ma tutte le vendicatrici, con certo subitaneo impeto, sono rimosse. Ora hai tu inteso, o figliuolo, il modo d’essa regeneratione. La intellettuale regeneratione è composta per la presenzia del numero di dieci, che discaccia da sé il numero di dodeci, e questo abbiamo noi speculato per essa generazione. Ciascuno adunque che, per la benignità della generazione lascia il senso del corpo, conosce se medesimo composto di cose divine, e, fatto non inchinevole per divina potenzia, con tutta la mente si rallegra.
TAZIO – Padre, io fo concetto non con lo sguardo de gl’occhi, ma con l’atto della mente, il quale per le interiori potenzie si esercita. Io sono in cielo, in terra, in acqua, in aere, sono nelli animali, nelli alberi, nel corpo, in ciascuno luogo. Ma oltra questo io voglio che tu mi dica in che modo le vendicatrici delle tenebre, dodeci a numero, sono discacciate  dalle dieci potestati. Quale è il modo o Trismegisto?
TRISMEGISTO – O figliuolo, questo tabernaculo è fatto del cerchio del zodiaco, il quale consiste del numero duodenario, e tutti questi numeri sono d’uno che ha tutte le forme secondo le forme della natura, a discorso e circuito dell’huomo. Quelle vendicatrici adunque, in certo modo sono insieme disgiunte, ma in certo modo operando congiunte, come appare che la temerità è inseparabile da la ira. Meritamente, adunque, secondo la diritta ragione, così appresso fanno intervallo, sì come appresso sono discacciate dalle dieci potestati, cioè da il denario numero; imperò che, o figliuolo, il denario è genitore della anima, et quivi sono unite la vita e la luce, dove i numeri d’essa unità sono nati de lo spirito. Adunque la unità secondo la ragione contiene il denario, et anchora il denario l’unità.
TAZIO – Eh padre, io veggo l’universo e me medesimo insieme nella mente raguardo.
TRISMEGISTO –  Or questo è, o figliuolo, la regenerazione a non esser più, insieme al corpo, da quantità misurato. Et certamente per questa ragione io t’ho manifestato il misterio della regenerazione, ciò che noi non siamo calunniatori del tutto contro a’ molti i quali i Dio vuole.
TAZIO – O padre, rispondi a questo: questo corpo fatto dalla potenzia, ha egli qualche volta a dissolversi?
TRISMEGISTO – Abbi riguardo che non ardisca di dire più così, perché tu dì cose impossibili et del tutto sei in errore; et l’occhio della mente, dicendo tu queste cose, sarebbe contaminato. Il sensibile corpo della natura è molto differente da la essenziale generazione, che l’uno certo è dissolvibile e l’altro indissolubile, quello mortale e questo immortale. Or non sai che e i Dio e figliuolo d’uno sei nato?
TAZIO – O padre, ora vorrei bene udire cantare a modo d’Hymno quel divino parlare che tu dicesti havere udito da le potestati mentre che io era nello ottonario.
TRISMEGISTO – L’ottonario cantò esso Pimandro, onde e’ ti conviene sciogliere dal corpo, imperò che, quello Pimandro puro, Mente della divina potenzia, non mi rivelò più cose che scritte sieno, stimando io dovere da me ricerchare le altre.   
TAZIO – O padre, questo vorrei io udire e intendere.
TRISMEGISTO – Aspetta, figliuolo, aspetta e presto udirai una dolce canzone, Hymno della regenerazione, il quale già mai così facilmente non paleserei se io non credessi farti utile. Questo non s’insegna, ma occultasi nel silentio. Or vedemi tu, o figliuolo carissimo, guarda diligentemente ciascuna cosa, imperò che così ancora a te si confà, orando tu sotto il cielo, voltare la faccia a l’astro quando il sole cala in occidente, e a lo Euro quando si leva in oriente.

 

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