Pagina on-line dal 26/05/2012

NOTA BIO-BIBLIOGRAFICA INTRODUTTIVA:

Mutus liber, in quo tamen tota philosophia hermetica, figuris hieroglyphicis depingitur, ter optimo maximo Deo misericordi consecratus, solisque filius artis dedicatus, authore cujus nomen est Altus, Rupellae, apud Petrum Savouret cum privilegio Regis, 1677.  

È questo il frontespizio latino della prima edizione del Mutus Liber, l’edizione di La Rochelle (Rupellae) che inaugurerà la lunga storia di questo testo classico dell’ermetismo moderno.
Le quindici tavole simboliche sono di fattura artistica abbastanza mediocre, con un pesante ricorso al chiaroscuro e figure umane spesso sproporzionate ed innaturali. 
Conosciamo almeno altre due edizioni del testo: una alla fine del primo volume della Bibliotheca Chemica Curiosa del Manget (Ginevra 1702), edizione che non migliora affatto la qualità dei disegni, e che presenta alcune differenze  iconografiche con un chiaroscuro meno accentuato. I particolari più differenti sono soprattutto inerenti la prima tavola, in cui al campo brullo del sottofondo è sostituita una distesa d’acqua, ed in una più diffusa e verdeggiante vegetazione nello sfondo di alcune tavole (quarta, nona, dodicesima, quindicesima). 
Esiste un’altra edizione francese, rarissima e praticamente introvabile, che avrebbe miglior qualità artistica, datata 1725, di cui sono note solo pochissime tavole. 
L’attribuzione del testo oscilla, per i bibliofili, tra due differenti indicazioni. La radice di questa confusione si deve a Monsieur Arcère, dell’Académie Royale des Belles-Lettres di La Rochelle, che in un passo a pag. 384 della sua Histoire de la ville de La Rochelle et du pays d’Aulnis (La Rochelle 1757), evidentemente raccogliendo un rumeur paesano, annota:

«Un autore anonimo pubblica nel 1677 un libro rimarchevole per la sua singolarità. L’autore di quest’opera era uno di quegli uomini che scavano nella chimera per precipitarsi nell’indigenza. Intestarditi alla ricerca della loro pietra filosofale, essi hanno abbastanza scienza per rovinarsi, e non ne hanno abbastanza per scorgere i limiti dello spirito umano, che non raggiungerà mai la trasmutazione dei metalli…
L’autore anonimo potrebbe essere Jacob Saulat Signore di Marez, il quale domanda un privilegio per questo manoscritto. Io credo che il vero autore sia Tollé, medico di La Rochelle, grande chimico; il nome usato, altus, lo indica abbastanza…».

Di questo Tollé, medico e chimico a La Rochelle, non sappiamo un bel nulla. Va precisato che questo ignoto personaggio non va confuso con Jakob Tollius (1630/33-1696) il celebre filologo ed alchimista olandese, autore della Manoductio ad coelum chemicum, che mai nulla ebbe a che fare con La Rochelle. È questa la confusione in cui, evidentemente, incorre John Read (in Prelude to Chemistry, London 1939, p. 156). Il nostro Tollé, di cui ignoriamo anche il nome di battesimo, doveva avere una notorietà tutta locale.

Né, d’altro canto, molto di più possiamo dire di quel bien aimé Jacob Saulat, sieur des Marez, cui, effettivamente, nell’ultimo foglio dell’edizione del 1677 del Mutus Liber, si riferisce il privilegio reale di 10 anni datato al primo febbraio del 1677.

Tuttavia se, nell’insondabile giudizio di Arcère, lo pseudonimo altus (alto, profondo) sembra indicare “abbastanza” (assez) l’ignoto Tollé, esso ci appare tanto più vicino ad un anagramma, per quanto imperfetto e più simile alla pronuncia che non alla grafia, di Saulat (Sulat). E c’è da aggiungere che un punto a favore dell’attribuzione a Saulat è giocato anche dalla prima tavola del libro, in cui il dormiente ai piedi della scala su cui due angeli sono impegnati l’uno in discesa, l’altro in salita, non può che essere il biblico e sognante Giacobbe (Gen. XXVIII, 12-17), ovvero Jacob, il nome di battesimo di Saulat (1). 

Converrebbe perciò ignorare il rumeur locale riproposto da Arcière e tagliare corto come fa il Dictionnaire Universel historique, critique et bibliographique, che, nel tomo XV della Neuvième édition del 1811, nel presentare la teoria sull’attribuzione del Mutus Liber sostenuta da Arcère, conclude: Cela n’est q’une conjecture (p 540).

Tuttavia una nuova pista è stata aperta alcuni decenni or sono da Jean Flouret, che, nella Revue Française d’histoire du livre n°11 del 2° trimestre 1976 (A propos de l’auteur du Mutus Liber, pp. 205-2011), annunciava il ritrovamento, nella biblioteca Marsh di Dublino, di un fondo costituito dai libri di Elie Bouherau, medico di La Rochelle di religione protestante che con la revoca dell’Editto di Nantes (a partire dall’Editto di Fontainbeau del 1685, che revocava la concessione delle piazzeforti protestanti al solo culto riformato – La Rochelle era uno dei centri protestanti più significativi) aveva abbandonato il suo paese.

Alla voce Mutus Liber il catalogo di questa biblioteca annotava: «Authori nomen est Isâcus Baulot, cuius Anagramma legitur in ultima tabula. Oculatus Abis. Fuit autem pharmacopeus Rupellensis peritissimus». In effetti Jacob Saulat è l’anagramma perfetto di Isaac Baulat, esattamente come l’oculatus abis (provvisto di occhi, te ne vai) ne è un anagramma imperfetto (2).

L’esemplare di Dublino, sotto l’Avis au lecteur contiene inoltre l’annotazione manoscritta: «Author Isaac Baulot». Jean Flouret identifica il nostro personaggio con L’Isaac Baulot, figlio dell’autorevole  chirurgo  Jean, nato il 23 settembre 1619: proveniente da famiglia tradizionalmente colta, il nostro Isaac dovette essere un intellettuale in vista che godé di grande considerazione presso i suoi contemporanei. Ecco come ce lo descrive Flouret:

«Il nostro uomo frequenta strettamente l’élite intellettuale della città. È sufficiente, per convincersene, notare che il suo matrimonio con Elisabeth Chevalier, il 15 agosto 1649, fu benedetto dal pastore Flanc, proprietario di un gabinetto di curiosità visitato da Monconys in viaggio per il Portogallo; il secondo matrimonio di Baulot, il 10 giugno 1657, con Judit Grenon, è invece benedetto da Drelincourt, il celebre autore dei Sonnets chrétiens. Ma la notorietà di Baulot oltrepassa le nostre frontiere perché, se nel 1645 Monconys non lo cita ancora allo stesso titolo di Flanc o Hamelot tra i “curiosi” della città, in compenso, nel 1678, quando il celebre John Locke percorre la Francia e si ferma a La Rochelle, rende visita a Bouhèrau, Richard e Baulot. Egli si attarda lungamente sui rimedi che Baulot gli indica contro l’idropisia, la colica, l’epilessia, ed annota la maniera di fabbricare l’aqua regia (3). Non si avvertono in ciò sentori di alchimia, che ben si spiegherebbero trattandosi dell’autore del Mutus Liber, anche se Locke mantiene bene il segreto, non fiatando parola in merito al libro che ciò nonostante era appena uscito?
Noi non sappiamo quando morì Isaac Baulot. Alla Revocazione [dell’editto di Nantes n.d.t.], come Savouret, egli si rifugia ad Amsterdam, se si giudica dalla procura che egli vi ha firmato a favore di sua moglie. Per sapere se resta lì e vi finisce i suoi giorni, bisognerebbe trovare documenti che ce lo attestino».

In seguito alle persecuzione anti-protestante Baulot, dunque, fuggì ad Amsterdam. Come avvenne tale persecuzione, quanto durò, chi ne furono gli artefici ed esecutori? Forse è possibile saperne qualcosa di più di quanto non ci dica Flouret.

La Pharmacie à La Rochelle avant 1808 di Maurice Soenen (La Rochelle 1910, pp. 69-74) ci ragguaglia su alcune fasi della persecuzione che il Baulot dovette patire per il suo credo. Ancora per almeno un decennio dopo il sanguinoso e distruttivo assedio di La Rochelle (1628), nessuna sostanziale persecuzione colpirà i borghesi protestanti di una città troppo occupata a leccarsi la ferite ed a ristabilire un clima di prosperità per accanirsi contro le fazioni sconfitte.

Tuttavia l’atmosfera sembra già cambiata intorno al 1640, ed a partire da tale data si fa più agevole seguire i tratti precisi di una persecuzione sempre più stringente. La professione di farmacista era regolata dalla Communauté pharmaceutique, l’organo della corporazione – a maggioranza cattolica – che sanciva le regole della professione e ne autorizzava l’esercizio, che si farà latore in prima persona delle politiche repressive nei confronti dei farmacisti protestanti. Scrive Soenen:

«Nel 1649 un registro di polizia menziona un’azione giudiziaria intentata dalla Communauté contro il protestante Isaac Baulot…
Nel 1658 la Communauté continua a perseguitare i riformati. Ritroviamo un processo contro Elie Seignette, speziale non diplomato maestro, e Jean Langellier. Due speziali, nonostante tutto diplomati maestri, Isaac Baulot e Jacques Massiot avevano dovuto rinunciare a tenere bottega a loro nome ed esercitavano il primo a nome di Andrée Goron, vedova del farmacista Pierre Marbeuf, il secondo a nome della vedova Mignot. La Communauté intentò un procedimento giudiziario a questi due maestri per questioni di religione in questo stesso 1658…».

Pochi anni dopo la persecuzione avrebbe trovato il suo apice. Continua Soenen:

«Baulot, l’abbiamo detto, esercitava nel 1658 sotto il nome della vedova Marbeuf. Essendo costei morta, lo sventurato protestante dovette cambiare officina ed entrare così presso la vedova Chaumon. Ma questa vedova, non avendo voluto fornire la sua parte nelle spese fatte dalla Comunità dei maestri speziali, perse il suo privilegio di tener bottega, e Baulot, che gestiva l’officina e che i suoi confratelli pretendevano essere “né aiutante né speziale”, fu condannato a chiudere l’officina col “divieto di lavorare se non seguendo ed conformandosi con gli statuti dei maestri speziali”.
Lo sfortunato protestante, non potendo più esercitare per conto suo né gestire per conto di una vedova, fu ridotto a farsi assumere da un altro maestro a titolo di impiegato, di “garzone”. Egli fortunatamente trova un confratello pietoso, Mayaud, che conclude con lui nel 1663, il seguente contratto:
“Noi sottoscritti, abbiamo stabilito le clausole e condizioni che seguono: Io André Mayaud, maestro speziale abitante in questa città, ho preso con me Isaac Baulot, speziale, solo ed unicamente in qualità di servitore, e, dal momento che il detto Baulot aveva diverse pratiche prima che la Comunità degli speziali di questa città lo obbligassero a chiudere la sua bottega, considerando ciò, gli dò la terza parte dei profitti che si faranno nella mia bottega per tutto il tempo che egli rimarrà con me, senza tuttavia che il detto Baulot possa somministrare alcun rimedio a qualunque persona di qualunque qualità e condizione, se non per mio ordine; né ne potrà ricevere alcun denaro, né pagamento per conto della mia bottega, senza il mio consenso e volontà. E poiché il detto Baulot ha famiglia, io gli prometto di dargli un alloggio nella mia casa, per il quale alloggio il detto Baulot sarà obbligato a darmi, sul detto terzo dei profitti, la somma di 50 scudi per anno…”».

L’accordo con il buon Mayaud, tuttavia, non doveva riparare a lungo Baulot dai rigori persecutori della corporazione.

Nel 1677 gli speziali cattolici elaborarono e promulgarono i nuovi statuti, ed al primo articolo si proibiva espressamente l’esercizio della farmacia a coloro che non praticavano la religione cattolica, apostolica e romana. Il divieto riguardava anche l’esercizio al servizio di una vedova, o in associazione o alle dipendenze di altri maestri, “et sous quelque autre prétexte que ce puisse estre”. Poco dopo, dunque, ci informa ancora Soenen:

«Essendo stati ritrovati dei medicamenti nella mani di un negoziante di Saint-Domingue, la Communauté intenta un processo contro questo negoziante e contro i due speziali fornitori, Mayaud e Baulot, associati, come abbiamo visto, nel precedente contratto. Appoggiandosi sui nuovi statuti, la Communauté domandò la condanna di Mayaud e di Baulot. Il primo uscì indenne dal processo, il secondo fu condannato il 23 novembre 1679 a “non far più alcuna funzione di speziale”. Braccato dai suoi confratelli, perseguitato dall’Intendente de Demuin, Baulot seguì l’esempio di tanti riformati: espatriò, abbandonando tutti i suoi beni a suo figlio.». 

Di Pierre Savouret, l’editore, anch’egli protestante, abbiamo visto che condivise un destino analogo a quello di Baulot. Figlio di un artigiano dell’avorio, egli si rende noto per le varie edizioni e riedizioni di testi protestanti che stampa a suo nome nei dodici anni che precedono la revoca dell’Editto di Nantes. Doveva avere buoni contatti e conoscenze, perché Flouret nota (op. cit. p. 205), che egli è uno degli ultimi editori francesi a stampare, tra il 1684 ed il 1685, con regolare autorizzazione reale, delle raccolte di sermoni protestanti. Non possedeva una propria stamperia ed i suoi libri venivano stampati nelle stamperie di altri editori, anche cattolici. Qualche anno dopo l’uscita del Mutus Liber, precisamente nel 1685, egli si rifugerà in Olanda, nella stessa Amsterdam in cui trovava rifugio Baulot, meta prediletta di molti degli esuli francesi della religione riformata. Qui continuerà la propria attività di librario ed editore impegnato nella pubblicistica filo-protestante (4).

Alterno il destino e le vicende dell’edizione del Mutus Liber: la testimonianza della citata Histoire de la ville de La Rochelle di Arcère (p. 384) ci assicura che, alla data in cui l’Histoire stessa andò in stampa, le tavole in rame con le immagini erano conservate dans le cabinet de M. Girard de Villars, médecin de la Rochelle. Cinquant’anni dopo le fortune del libro, tuttavia, sebbene esso venisse ancora considerato raro in molti cataloghi librari, appaiono molto appannate. Nel secondo tomo del Cours élémentaire de bibliographie, ou la science du bibliothécaire (Marseille 1807, tome II) di C. F. Achard, bibliotecaio di Marsiglia, a pag. 257, leggiamo infatti il seguente appunto un po’ confusionario:

«Questo libro, che si vendeva a 9 franchi alla vendita di la Vallière, era  così poco prezioso che, nel 1773, era stato ceduto, alla vendita di Villars, fatta da Gogué, a 3 franchi… Non si poteva ignorare, dieci anni dopo, che, nella medesima vendita, all’incirca dodici esemplari e le piastre in rame di questa opera furono vendute insieme a 36 franchi. Nessuno ignora che ciò che ha fatto cadere il valore del Mutus Liber è l’acquisto che Manget ha fatto delle piastre in rame e la reimpressione dell’opera che egli ha inserito nella sua Bibliotheca Chimica.». 

In effetti Manget, non aveva affatto comprato le piastre dell’edizione di La Rochelle (che, a partire dalla citata vendita di Villar sono da considerarsi disperse), ma, come abbiamo già visto, le aveva riprodotte ex-novo, in una versione non particolarmente più felice dell’originale. Tuttavia quanto esposto da Achard ben ci illustra lo stato di oblio in cui l’opera era caduta, nonostante la indubbiamente minuscola e più curata tiratura della riedizione del 1725, non caso nemmeno citata dal pur attento bibliotecario.  

Per quanto concerne i commentatori, lo stimolante gioco ermeneutico proposto dalle tavole dell’opera comincia poche settimane dopo l’uscita della prima edizione, dalle pagine del Journal des Savans del 16 agosto 1677 http://www.massimomarra.net/dettaglio.php?id=1090&prev=1 , con una recensione che appare essere, pur nella sua estrema concisione e stringatezza, più una glossa alchemica che un’esercitazione critica.

Il primo commento moderno, tuttavia, è quello a firma di Magophon alias Pierre Dujols de Valois (1864-1926), erudito ermetista che firma la sua Hypotypose al Mutus liber nel 1914. (5)

Tralasciando alcune edizioni di minor rilevanza (6), tra i commentari più recenti vanno segnalati quello notissimo di Eugène Canseliet (7), che di Pierre Dujols fu in gioventù amico e sodale, ed i Commentaires sur le Mutus Liber di Serge Hutin (Maizières-lès-Metz, Éditions le Lien, 1966). 

Al 1979 risale la pubblicazione del commento alle tavole dell’alchimista Jean Laplace, allievo di Canseliet, uscita come apparato introduttivo ad una versione colorata a mano di tavole probabilmente provenienti da un esemplare dell’edizione del 1725 (8). 

Al 1991 risale invece l’utile commento di Adam McLean, A commentary on the Mutus Liber, per i tipi della Phanes Press.

Particolarmente interessante ci pare il Commentario sul Mutus Liber pubblicato per la Archè nel 1974 da Mino Gabriele, e di recente ristampato (Arché-Pizeta, 2003). Esso costituisce ad oggi, a nostro avviso, lo studio introduttivo più interessante sul nostro testo.

Non si avranno tuttavia difficoltà a reperire altri commentari di varia natura e matrice (psicoanalitica, occultista etc. etc.), che vanno ad arricchire la già ipertrofica letteratura critica su questo classico dell’iconografia ermetica tanto affascinante e magnetico. 

Massimo Marra © – tutti i diritti riservati – riproduzione vietata con qualsiasi mezzo e con qualsiasi fine.

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NOTE:

(1) Notiamo di sfuggita che il passo biblico è peraltro suscettibile di un’ermeneutica alchemica, laddove (versetti 18-22), Giacobbe compie un sacrificio d’olio sulla pietra che gli era servita da capezzale. Questa, promette Giacobbe, se verrà esaudito, diverrà casa di Dio.

(2) Senza in alcun modo approfondire oltre la questione, sottolineiamo che il verbo abire come annota Manuel Insolera nel suo La trasmutazione dell’uomo in Cristo nella mistica, nella cabala e nell’alchimia, Arkeios 1996, p. 223, ha anche due altri significati: trasformarsi e scomparire. Un altro significato complementare del verbo, su cui ci piace soffermarci, è quello di riuscire, arrivare ad essere.

(3) Flouret fa riferimento, per queste notizie, al manoscritto del Journal de voyage de Locke, Bodleian Library, da fol. 281 a 286.   

(4) In un interessante reperto d’archivio databile a dopo il 1685, proveniente da La Rochelle, è narrata la rocambolesca fuga notturna via mare ed il relativo approdo in Inghilterra della moglie di Savouret – evidentemente rimasta ancora per qualche tempo a la Rochelle – insieme ad un gruppo di altri fuggiaschi perseguitati (cfr. L Jourdan, Les émigrés de La Rochelle – Relation de la fuite de Baudouin de la Bruchardière et de sa famille, in Bulletin Historique et Littéraire de la Société de l’Histoire du protestantisme Français, tome XVIII, deuxième série, quatrième année [Paris 1869] pp. 424-428).

(5) Le Livre d’images sans paroles (Mutus liber) où toutes les opérations de la philosophie hermétique sont décrites et représentées. Réedité d’après l’original et précédé d’une Hypotypose explicative par Magophon, Paris, E. Nourry, 1914. L’Hypotypose è stata, in tempi più recenti  riprodotta in Le Triomphe hermétique de Limojon de Saint-Didier; introduction et notes d’Eugène Canseliet… Précédé du Mutus liber avec une hypotypose de Magophon, Paris, Denoël, 1971.

(6) Tale, ad esempio, quella contenuta in Trésor hermétique, comprenant le Livre d’images sans paroles (Mutus liber), où toutes les opérations de la philosophie hermétique sont décrites et représentées, réédité avec une introduction par le Dr Marc Haven, et le Traité symbolique de la pierre philosophale, en 70 figures, par Jean Conrad Barchusen, réédité pour la 1re fois avec une notice par Paul Servant, Lyon, P. Derain, 1942.

(7) L’Alchimie et son “Livre muet” (“Mutus liber”)… Introduction et commentaires par Eugène Canseliet…, Paris, J. J. Pauvert, 1967.

(8) Altus, Mutus Liber, reproduction des 15 planches en couleur d’un manuscrit di XVIII siècle. Introduction et commentaire par Jean Laplace. Milano Arché, 1979.

 

 

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AL LETTORE.

Benché colui che ha sostenuto le spese della stampa di questo Libro non abbia voluto mettervi in principio né Lettera dedicatoria né Prefazione, per ragioni che gli appartengono, ho creduto, ciò nonostante, che egli non avrebbe trovato dannoso ciò che vi dico, ovvero che quest’opera è ammirevole in questo: ancorché sia intitolata Libro Muto, nondimeno tutte le Nazioni del mondo, gli Ebrei, i Greci, i Latini, i Francesi, gli Italiani, gli Spagnoli, i Tedeschi etc. possono leggerlo ed intenderlo.

Esso è così, secondo quanto ne dicono gli Eruditi, il più bel Libro che sia mai stato stampato su questo tema, essendovi delle cose che non furono mai dette da nessuno.

Non occorre che essere un autentico Figlio dell’Arte per comprenderlo subito. Ecco, (caro Lettore) ciò che ho creduto mio dovere dirvi.