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Berthelot nel suo laboratorio agli inizi del ‘900.

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Marcelin Berthelot
FONTI EBRAICHE
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(Cap. III paragrafo 3 di Les origines de l’alchimie, Steinheil, Paris 1885, pp. 52-58)

Traduzione di Massimo Marra ©,  tutti i diritti riservati, riproduzione vietata con qualsiasi mezzo e per qualsiasi fine.

      
 
Il testo che presentiamo di seguito è dovuto alla penna di Marcelin Berthelot (1827-1907) uno dei padri della storia della chimica, chimico ed uomo politico insigne (eletto senatore, ricoprì, in  momenti diversi, l’incarico di ministro della pubblica istruzione e di ministro degli affari pubblici) autore di opere capitali di storia della scienza come La chymie au Moyen Age, Les Origines de l’alchimie, la Collection des Anciens alchimistes Grecs, l’Introduction à la chimie des anciens et du moyen age, e di un notevole numero di saggi e ricerche sperimentali di chimica applicata (si ricordano, oltre alle ricerche sulla sintesi dell’etanolo, del metano, dell’acido formico, dell’acetilene e del benzene, le importanti ricerche nel campo della termochimica – la branca della chimica che studia le variazioni calorimetriche nel corso delle reazioni chimiche – e degli esplosivi) apparsi sulle principali riviste scientifiche del tempo. Le opere del Berthelot, specie le raccolte di testi alchemici in edizione critica (i tre volumi della Collection ed i tre della Chymie au moyen age) hanno conosciuto diverse ristampe, anche in tempi recenti. In pratica, non esiste opera moderna sull’alchimia che non sia, in maniera diretta o indiretta, debitrice dell’opera gigantesca di raccolta, collazione, classificazione ed analisi critica di Marcelin Berthelot.
Buona lettura.
M. M.

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I testi in greco antico riferiti alle citazioni nel testo, nell’originale francese inseriti in nota, sono stati soppressi per le note difficoltà di resa in html dei corretti segni diacritici.

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Il ruolo attribuito agli ebrei per la propagazione delle idee alchemiche, richiama quello che essi hanno giocato ad Alessandria, al tempo del contatto tra la cultura greca e la cultura caldea ed egizia. Si sa che gli ebrei hanno avuto un’importanza di primo ordine in questa fusione delle dottrine religiose e scientifiche dell’oriente e della Grecia che ha presieduto alla nascita del cristianesimo. Gli ebrei alessandrini sono stati per un momento agli apici della scienza e della filosofia.
La cabala, dottrina caldeo-rabbinica, è stata legata, durante il Medio Evo, con l’alchimia. Si ritrova nel manoscritto alchemico di San Marco, che data al XI secolo, un disegno cabalistico, il labirinto di Salomone (1). Questo legame tra le tradizioni ebree e l’alchimia risale a tempi assai remoti; lo si incontra tanto nei papiri di Leida che nei manoscritti alchemici greci.
Così, nel papiro 75 di Reuvens (2), figura una ricetta alchemica attribuita a Osea, re di Israele. Negli altri papiri della medesima famiglia, si leggono i nomi di Abramo, Isacco, Giacobbe, la parola Sabaoth e diversi altri passaggi che si ricollegano agli ebrei.
Il papiro n° 76 (3) contiene un’opera magica e astrologica intitolata: il Santo Libro, chiamato l’ottava Monade di Mosè, il libro segreto di Mosè. All’epoca dei primi scritti alchemici, vale a dire verso il III secolo della nostra era, i nomi e i riferimenti ebrei sono dati mescolati a quelli delle scienze occulte. Questo miscuglio è ugualmente attestato dai manoscritti della biblioteca. In effetti nel manoscritto 2.325, fol. 163 v° e nel ms. 2.327 fol. 146, troviamo citata la chimica di Mosè. La ricetta di Mosè per raddoppiare il peso dell’oro (diplosis) per trasmutazione, appare nell’antico manoscritto di San Marco (4) e nella maggior parte degli altri. Il Libro della verità di Sofé l’Egiziano attribuito a Zosimo, è consacrato al Signore degli Ebrei e delle potenze Sabaoth (5).
Nel manoscritto 2.249 (6) sulla pagina dove sono raffigurati diversi apparecchi, c’è l’addenda di una nota di altra mano, che recita: «Di Salomone, di Giuda l’ebreo». Zosimo si riferisce agli scritti ebrei anche per la descrizione di certi apparecchi (7): alcuni tra essi risalirebbero perfino a Noè, secondo un altro passaggio. Ciò ricorda passaggi del libro ebreo di Enoc. Altrove leggiamo che vi sono due scienze, quella degli egiziani e quella degli ebrei che è più solida (8).
C’è di più. Esiste un trattato, o piuttosto una serie di estratti tratti dal medesimo trattato, che sembrano corrispondere precisamente a quella chimica domestica di Mosè citata in precedenza. In effetti, questi trattati cominciano con una frase tratta dall’Esodo (9), salvo qualche variante (10).  «Ed il Signore disse a Mosè: ho scelto Beseleel, sacerdote della tribù di Giuda, per lavorare l’oro, l’argento, il rame, il ferro e tutto ciò che riguarda le pietre ed i lavori del legno, e per essere maestro in tutte le arti». Poi vengono una serie di ricette puramente pratiche, poste sotto il patrocinio di Mosè e di Beseleel. Si sa che quest’ultimo, nell’esodo, è dato come uno dei costruttori dell’Arca e del Tabernacolo. Vi è in tutto ciò un collegamento rabbinico, e come un primo indizio delle fonti e delle dottrine segrete della massoneria del Medio Evo.
Zosimo parla ugualmente di Salomone, re di Gerusalemme, e della saggezza (11), così come della traduzione della Bibbia dall’ebreo in greco ed in egiziano (12), traduzione che egli attribuisce ad un interprete unico. Quest’ultimo insegnamento deve essere molto antico, poiché differisce da quello che aveva corso nel IV secolo al riguardo di questa traduzione, che si è mantenuto nella definizione “versione dei settanta” e che la attribuisce ai settanta vegliardi, scelti come interpreti delle Sacre Scritture.
L’arte sacra degli Egizi, e la potenza dell’oro che ne risulta, scrive ancora Zosimo, non sono state rivelate che agli Ebrei (13), con l’inganno, e questi l’hanno poi fatta conoscere al resto del mondo.
«Non toccare la pietra filosofale con le tue mani; tu non sei della nostra razza, tu non sei della razza d’Abramo»(14) dice Maria l’ebrea, uno degli autori fondamentali dell’alchimia, cui sono attribuiti diversi trattati, così come l’invenzione del bagno Maria.
Incontriamo qui quel miscuglio di favole ebree ed orientali che caratterizza i primi tre secoli della nostra era. Esso si manifesta più chiaramente ancora nelle origini gnostiche dell’alchimia, di cui parleremo presto. Osserviamo d’altronde che il ruolo positivo attribuito agli ebrei è in opposizione col pregiudizio di certe sette gnostiche. Di contro esso si accorda col fato che il profeta gnostico Marco era nato il Palestina. In ogni caso, una tale mescolanza ci riporta verso il secondo secolo della nostra era, al tempo in cui l’autorità dei libri ebrei era invocata ed opposta a quella degli autori ellenistici, ed in cui i cristiani non disprezzavano ancora gli Ebrei, cosa che in seguito non mancheranno di fare a partire dal momento in cui la loro religione diverrà quella degli imperatori. 

NOTE:

(1) Ms. di San Marco, fol. 102, v°.

(2) 1ª lettera a M. Letronne, Appendice, p. 158.

(3) Appendice, .. 151.

(4) Ms. di San Marco, fol. 185.

(5) Ms. 2.327, fol. 251 e fol. 260.

(6) Fol. 101, v°.

(7) Ms. 2.327, fol. 82.

(8) Ms. 2.327, fol. 260.

(9) Esodo XXXI, da 1 a 5; XXXV, 30.

(10) Ms. 2.327, fol. 269 v°.

(11) Ms. 2.327, fol. 255.

(12) Ms. 2,249, fol. 98; Ms. San Marco, fol. 190 v°.

(13) Ms. 2.327, fol. 252, v°.

(14) Ms. San Marco, fol. 178; Ms. 2.327, fol. 214, v°.